Si avviano a conclusione in questi giorni i lavori della prima campagna di scavo 2025 nel villaggio medievale alle porte della città di Sorso, realizzati grazie a un accordo di collaborazione sottoscritto dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le Province di Sassari e Nuoro, l’Università di Sassari (Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione) e il Comune di Sorso.

Nell’area di scavo i resti delle case incendiate attorno al 1350 e la scoperta di parti sepolte di abitazioni ancora più antiche, risalenti al 1200 con tracce di vita che riportano addirittura al 1000 e al 1100.

I risultati degli scavi sono stati presentati questa mattina proprio nell’area archeologica di Geridu dal professor Marco Milanese, Ordinario di Archeologia dell’Università di Sassari, alla presenza della Soprintendente per Sassari e Nuoro, architetto Isabella Fera, dell’archeologa Gabriella Gasperetti, e del sindaco di Sorso Fabrizio Demelas.

Nel presentare l’esito delle più recenti indagini di scavo, condotte tra il 2024 e maggio 2025, Milanese ha ricordato come Geridu rappresenti oggi il sito archeologico medievale della Sardegna maggiormente sottoposto a indagini stratigrafiche e il sito più noto dell’archeologia medievale sarda, sia a livello nazionale che internazionale.

«Tra le numerose novità portate in luce dagli scavi tra i resti delle case del villaggio - ha spiegato - anche ceramiche provenienti dalla Sicilia o dalla Tunisia, databili tra il 1000 e il 1100, che dimostrano come già all’alba del Medioevo la comunità di Geridu avesse una disponibilità economica che consentiva di acquistare quelle stesse merci esotiche che usava l’aristocrazia mercantile di Pisa, di Genova e che decoravano con i loro vivaci colori le facciate delle chiese romaniche di vaste aree del Mediterraneo Occidentale».

Per la prima volta dopo anni di ricerche è stata portata in luce la villa giudicale di Geridu, dopo una lunga fase di lavoro sul villaggio nella fase trecentesca, in cui gli abitanti erano soggetti a doveri nei confronti della feudalità catalano-aragonese. E ancora, indagando nell’area della chiesa parrocchiale di Geridu dedicata a Sant’Andrìa, costruita attorno al 1330 in stile gotico-catalano, la scoperta davvero eccezionale, nei resti del cantiere della nuova e monumentale chiesa, di parti della chiesa romanica dell’XI secolo del villaggio di epoca giudicale.

Un’incredibile testimonianza materiale che la feudalità aragonese intese imprimere alla comunità di Geridu (il villaggio contava oltre 1500 abitanti al momento dell’invasione aragonese della Sardegna), sostituendo l’antico edificio romanico di epoca giudicale con il nuovo monumento nello stile dei dominatori.

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