Tanta solidarietà, vicinanza e una forte presenza nella sala consiliare della Comunità Montana. A Bono, nel cuore del Goceano, rappresentanti politici regionali e parlamentari, insieme ai sindaci sono giunti da ogni parte dell’Isola a manifestare la loro vicinanza al primo cittadino, Michele Solinas, vittima di un atto intimidatorio. Hanno ribadito che «la solidarietà non basta, le parole devono essere tradotte in atti concreti. Il patto che dobbiamo stringere con lo Stato riguarda un aumento dei servizi, di presidi per evitare che la criminalità possa prendere piede nei territori, e soprattutto gli amministratori locali non devono essere ritenuti gli unici responsabili di ciò che succede nelle comunità».

Il 1° febbraio all’alba l’auto di Solinas parcheggiata sotto casa è stata data alle fiamme. «Grazie a tutti ma sono emozionato» ha detto. Poi un lungo applauso. Si commuove, cerca di farsi forza. «Non è facile capire dopo quello che mi è successo ma non provo rancore per l'autore del gesto. Può essere anche un disperato, che ha problemi di lavoro. Ho pensato che cosa ho fatto di sbagliato, quale errore nella mia azione politica e amministrativa».

Da 13 anni siede tra i banchi del consiglio comunale, prima all’opposizione e poi in maggioranza. «Penso di averlo fatto in maniera costruttiva», sostiene. «Quello che ha da sempre caratterizzato il mio lavoro in politica è l’ascolto ogni giorno, cercando di dare una risposta a tutto nel possibile, perché si è sindaci e amministratori 365 giorni l’anno».

Michele Solinas non nasconde l’emozione. «Sono stato eletto democraticamente assieme al mio gruppo e, se farò qualcosa di sbagliato, sarà la comunità e decidere di non rappresentarla e non certo un balordo qualunque». La paura c’è e si avverte dalle sue parole. «Questo è un momento importante - prosegue - ma quando si spegneranno le luci ritorneremo a stare da soli. Lo Stato ha abbandonato i territori lasciando che la criminalità prendesse il sopravvento. La forza per andare avanti arriva da tutti i presenti ma soprattutto dal mio gruppo e dalla mia famiglia che mi ha spronato a continuare nella mia attività politica. Non ho mai pensato di fare un passo indietro, non fa parte del mio carattere».

Infine un riconoscimento per la solidarietà ricevuta. «Mi sento di ringraziare tutta la popolazione - ha concluso - per gli attestati di stima che ho ricevuto da ogni parte dell’Isola».  

LA TESTIMONIANZA – «Ho vissuto la mia adolescenza nel terrore, vivendo tra gli attentati che ogni settimana si consumavano ai danni degli amministratori, tra questi anche quello nei confronti di un sindaco scampato per miracolo ad un attacco vile. Quel sindaco era mio padre». Daniela Falconi, attuale sindaca di Fonni e presidente dell’Unione nazionale dei Comuni enti montani, interviene in prima fila alla seduta dell'assemblea civica aperta per sostenere il sindaco di Bono. Racconta del padre, Bachisio Falconi, ex primo cittadino che nel 1991 scampò per miracolo ad una imboscata davanti all’Hotel Taloro, l’albergo di cui era proprietario. Due fucilate sparate da un Garand e lui che riusce a trovare riparo dietro l’auto blindata. Adesso quell’incubo sembra ritornare. «Allora chiedemmo allo Stato di intervenire e la risposta ci fu e subito. Decisero di metterlo sotto scorta, una reazione determinata di fronte ai fatti accaduti nel territorio con la garanzia di mettere in sicurezza gli amministratori. Inoltre era stata aperta una scuola superiore e un grande cantiere forestale che resiste ancora oggi, quindi istruzione e lavoro».

Un cambiamento alla realtà triste dei paesi, privati di presidi e di servizi  e abbandonati al destino dell’isolamento e ad un processo costante di spopolamento. «Il patto che dobbiamo stringere con le  istituzioni è proprio questo - ha sottolineato Daniela Falconi – assicurare servizi nei comuni dove i sindaci non vengono visti come unici responsabili di quello che succede nelle comunità». 

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