Ufficialmente nullatenente, l'imprenditore 86enne Flavio Carboni in realtà risulterebbe proprietario di autoveicoli e quote societarie per un valore stimato in oltre 20 milioni di sterline.

Tutti i beni, dei quali lui non poteva risultare proprietario per i provvedimenti preventivi a suo carico, erano intestati a suoi conoscenti e amici, alcuni dei quali già coinvolti in disavventure giudiziarie che hanno coinvolto lo stesso imprenditore di Torralba.

È quanto ipotizzato dal pm Guido Pani della Dda di Cagliari e dal Gico del Nucleo di Polizia economico finanziaria al comando del colonnello Gaetano Senatore, protagonisti di un'indagine conclusa in questi giorni con la notifica del 415 bis alle undici persone sotto accusa.

Oltre a Carboni, di recente condannato a 6 anni e mezzo per aver costituito, secondo la Procura di Roma, l'associazione segreta P3, ci sono Maria Laura Scanu Concas, 68 anni, e Antonella Pau, 50: già coinvolte nel processo P3 quali prestanome di Carboni (la causa per loro due è terminata con assoluzioni e prescrizioni), in questo caso avrebbero aiutato l'86enne "in varie attività organizzative e decisionali e nella risoluzione delle difficoltà tenendo contatti" con altri soggetti.

Poi Lorenzo Di Martino, di Acerra in provincia di Napoli; Diego Carboni, di Roma; Domenico Manzotti, di Lubriano in provincia di Viterbo; Leonardo Leporatti, di Viterbo; Riccardo Piana, di Aviano in provincia di Udine; Ugo Benedetti, di Cagliari; Fabrizio Avondoglio, di Aosta; Luisella Corda, avvocata di Iglesias. Rispondono tutti di trasferimento fraudolento di valori, reato per sua natura legato a ipotetici delitti di ricettazione, riciclaggio e autoriciclaggio. I soli Flavio Carboni, Pau, Di Martino e Scanu Concas di associazione per delinquere (c'era anche Giuseppe Tomassetti, morto nel 2016).

LE INDAGINI - L'inchiesta è nata nel corso di approfondimenti investigativi di altro genere e rivolti ad altre persone. Carboni, in passato condannato in via definitiva per bancarotta e coinvolto nelle indagini sulla morte del banchiere Guido Calvi, trovato impiccato sotto un ponte di Londra nel 1982 (il processo per l'imprenditore di Torralba era sfociato in un'assoluzione), aveva a disposizione auto (Mercedes Cls, Audi Q7, Hummer H2 e H1), quote societarie (Itr srl, Exagon Housing system a Londra, Gracom ltd a Londra, Italgraphene srl a Cagliari), un gommone (Capelli tempest, 65 mila euro), un ufficio a Roma in via Ludovisi (sede della Itr).

La domanda degli investigatori è: da dove arrivano i quei soldi? Carboni avrebbe "costituito, organizzato e diretto il sodalizio"; Scanu Concas e Pau lo avrebbero aiutato "in varie attività organizzative e decisionali e nella risoluzione delle difficoltà tenendo contatti" con altri soggetti.

Tra le accuse a Carboni c'è quella riguardante la creazione di varie società nel 2016 con al centro le nanotecnologie e il suo amico Valeriano Mureddu, originario di Fonni (non coinvolto nell'inchiesta). Proprio Carboni aveva detto a L'Unione Sarda due anni fa che lui e Mureddu collaboravano "in una società dello scienziato russo Petrik e ci occupiamo di ambiente e bonifiche di siti inquinati con il grafene, un prodotto rivoluzionario".

L'azienda, al centro di uno dei presunti episodi di autoriciclaggio, aveva sede a Roma in via Ludovisi. Secondo il pm e il Gico, Flavio Carboni e Di Martino per "agevolare l'impiego di denaro di provenienza illecita" avevano costituito nel maggio 2014 la "Exagon Hiusing system" poi divenuta "Exagon Graphene system" e quindi "Worldwide Graphene limited" con 10 milioni di sterline di capitale. Inoltre nel marzo 2015 i due Carboni, Di Martino e Scanu Concas avrebbero costituito la "Gracom ltd" (capitale sociale 10 milioni di sterline) rilevata nel luglio dello stesso anno dalla Worldwide.

Infine nel maggio 2016 Carboni aveva "curato in prima persona" la Italgraphene, sede a Cagliari in via Tuveri 13, con "la collaborazione di Piana, di Pau, dell'avvocata Corda (presso la quale era stata fissata la sede legale della società), di Benedetti e di Avondoglio, che davano la disponibilità a intestarsi le quote societarie" nonostante sapessero "della conclamata necessità a ricorrere a terzi per schermare la costituzione della società" di Carboni. Il 415 bis è nelle mani degli avvocati Roberto Sorcinelli, Luciano Cau e Andrea Corda.

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