«Restaurare la chiesa del Cristo Re significa non soltanto renderla agibile, ma vuol dire dare un segnale positivo ad una comunità ferita che ha espresso la volontà di riprendersi il luogo dell’anima».

Davanti alla parrocchia, polo identitario del borgo di Valledoria, “deturpata” da due attentati incendiari il 5 e l’8 gennaio scorso, don Francesco Tamponi direttore dell’Ufficio Beni culturali ecclesiastici della diocesi Tempio-Ampurias, ha parlato di rinascita.

Ieri mattina ha illustrato il progetto di restauro di gran parte dell’edificio, reso possibile grazie alle risorse stanziate dalla Regione Sardegna, fondi pari a 400mila euro che serviranno per avviare i lavori urgenti di ristrutturazione dell’aula liturgica, ovvero lo spazio che ospita i fedeli, le due sagrestie e i sotterranei.

Presenti anche il sindaco di Valledoria, Marco Muretti, e l’ex assessore regionale Gian Franco Satta. Le schede progetto elaborate includono un piano di investimenti per complessivi 800mila euro, necessario a completare gli interventi.

La ricostruzione arriva a distanza di quasi un anno dagli incendi dolosi, appiccati la domenica del 5 gennaio e il mercoledì successivo, atti intimidatori nei confronti del sacerdote di allora, don Francesco Martino Mocci, rimosso per motivi di sicurezza dall’ufficio di parroco delle parrocchie del Cristo Re e Nostra Signora di Fatima, dallo stesso vescovo della diocesi di Tempio Ampurias, monsignor Roberto Fornaciari. Trasferito a La Maddalena, nella frazione di Moneta, don Mocci è stato nominato viceparroco dell’Agonia di N.S. Gesù Cristo.

A Valledoria dopo la nomina del sostituto don Francesco Cossu, nel settembre scorso era subentrato don Pietro Pruneddu. Il paese però non ha dimenticato la violenza di quelle giornate, quando si scatenò l’inferno di fuoco rendendo inagibili le strutture portanti sopra la sagrestia e le scale che dai sotterranei conducono al piano terra della chiesa, nell’aula liturgica, uno degli spazi che richiede un intervento di pulizia, un lavoro complesso e lungo.

L’incendio aveva distrutto gli infissi e coperto di fuliggine le opere di artisti custodite all’interno, come le grandi ceramiche di Marco Silecchia.

«Nel 1971 quando l’allora parroco don Nicola Ruzzu si battè e ottenne le risorse per costruire la chiesa, da quel momento la parrocchia divenne simbolo identitario dell’intera comunità, che custodisce i frammenti di una storia più antica, precedenti alla costruzione di Valledoria», spiega don Tamponi.

«Dopo quel terribile incendio il paese ha voglia di riprendersi in mano quel luogo di fede, scelto per i battesimi, i matrimoni e gli incontri comunitari».

Quattro gli ambienti che hanno subito i maggiori danneggiamenti dalla violenza del fuoco: i locali del catechismo situati nel seminterrato, le due sagrestie e il presbiterio. Quattro aule devastate dagli incendi, oltre alle scale di accesso all’aula liturgica, ingombrate da carta e da materiale facilmente infiammabile che ha favorito il propagarsi delle fiamme fino a raggiungere il soppalco e la volta della chiesa.

Intanto proseguono le indagini volte ad individuare i piromani – l’ipotesi è che abbiano agito almeno due persone - persone in possesso delle chiavi della parrocchia, che conoscevano la chiesa e gli spostamenti del prete e le sue abitudini.

Nel primo atto incendiario appiccarono il fuoco in fondo ad un corridoio adiacente la chiesa che conduce alla sala conferenze e alle stanze della Caritas, dove si trovano ulteriori tre ambienti. Il rogo partì proprio dalle due stanze lungo l’androne dove si registrarono i maggiori danni. Quando i fedeli accorsero per spegnere le fiamme, gli incendiari fecero il giro intorno al periplo della chiesa, passarono da una porticina laterale di ferro, e con l’uso delle chiavi si introdussero nell’interrato per colpire ancora, dando fuoco alle aule del catechismo.

La seconda volta hanno agito dietro la casa parrocchiale, dall’altro lato della strada e, appena terminata la messa, i fedeli che avevano visto uscire il fumo sono corsi verso la residenza del prete. In quel momento i piromani sono penetrati ancora nel sottopiano della chiesa, attraverso le scale completamente ricoperte di carta da cui è divampato il fuoco che ha distrutto la porta di sagrestia e il resto della chiesa. 

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