Chiamatelo pure il «Golpe di Saccargia». L’anno decisivo è il 2023, 907 anni dopo la consacrazione dell’omonima Abbazia sorta, tanto austera quanto imponente, nelle terre che furono del “Giudicato di Torres”. A consumare il misfatto è lo Stato italiano, in terra di Sardegna. A “pugnalare” il proscenio nuragico è Mario Draghi in persona. Banchiere d’Europa, da sempre uomo della finanza mondiale, una sorta di bulldozer eolico e fotovoltaico, capace di annientare come niente, a colpi di “grattacieli rotanti” e distese di specchi cinesi, civiltà passate e identità remote.

L’ultimo misfatto

Per consumare l’ultimo misfatto, prima della cacciata da Palazzo Chigi, ha scelto il più alto dei campanili di Sardegna, quello bianconero che si staglia per quaranta metri sul cielo di Codrongianos, nell’antico crocevia tra il Logudoro e la Gallura. A presidio dell’esclusiva bicromia di Saccargia, sul sinuoso paesaggio verso Nulvi e Ploaghe, si ergono 57 simboli nuragici della storia millenaria della grande civiltà del Popolo Sardo. “Cianfrusaglia”, per il Governo di Roma. Non si limitano a pensarlo, lo scrivono direttamente nella delibera scandalo di Palazzo Chigi che dà il via libera allo scempio estremo. È il 10 marzo del 2022. In discussione, nelle ovattate stanze del potere, c’è il più controverso progetto eolico della “prima repubblica eolica”, quella dove si piazzavano impunemente decine di aerogeneratori fregandosene di tutto, dagli investitori agli effetti su paesaggio e beni archeologici. In quella seduta prêt-à-porter del Consiglio dei Ministri non solo ignorano la storia millenaria di quella terra, ma fanno finta di niente anche su quella più recente, segnata dalla temeraria voracità eolica di un “elettricista” di Alcamo, nientepopodimeno che il “braccio eolico” di Matteo Messina Denaro. Era stato lui, Vito Nicastri, l’attendente “ventoso” dell’ultimo “capo dei capi”, ad innalzare alle spalle della Basilica di Saccargia quello “schifo” di 51 pale da 76 metri di altezza ciascuna. Gliele sequestrarono una ad una. Manco a dirlo, inchiesta di mafia. Sino alla svolta petrolifera.

L’era del petrolio eolico

Le pale, vecchie, piccole e poco remunerative, nel 2013, trovano un acquirente potente: la Erg, acronimo di Edoardo Guida Garrone, il petroliere che aveva raffinato milioni di barili di oro nero e costruito oleodotti in giro per l’Italia. Il progetto “eolico-petrolifero” di Saccargia è una sorta di funesta “damnatio memoriae”: radere al suolo le pale che furono impiantate in quel promontorio ormai più di vent’anni fa, per sostituirle con 27 nuovi aerogeneratori di ultima generazione alti 200 metri, il triplo dei precedenti tralicci. Ragionano con il moltiplicatore degli incentivi, i petrolieri prestati al vento. Il passaggio non è di poco conto: dai precedenti 43 megawatt si punta ai futuri 121,5.

Progetto bocciato

Il progetto glielo bocciano tutti, Soprintendenze e Regione per prime. Le argomentazioni sono una valanga: devastazione ambientale, paesaggistica, archeologica e naturalistica. I pareri sono “enciclopedie” su monumenti, nuraghi e valori paesaggistici, a partire da quella Basilica di Saccargia che domina il promontorio da quasi mille anni. La “Erg Wind Sardegna”, come i peggiori colonizzatori, deprezza, sino a svilire, il territorio oggetto dell’invasione: «terreni agricoli di tipo collinare, caratterizzati per la maggior parte da pascoli e terreni incolti e, in minima parte, da seminativi, non risultando sottoposti a particolari vincoli ambientali».

Devastazione totale

Il Ministero dei Beni Culturali li boccia senza appello: «tutti gli aerogeneratori progettati sarebbero risultati di dimensioni sproporzionate rispetto alle alture del contesto di localizzazione e che nel bacino visivo di 9 km dal progetto (calcolato in proporzione all’altezza degli aerogeneratori) si collocavano beni vincolati, tra cui la S.S. Trinità di Saccargia, l’area di Scala di Giocca e la terrazza di San Pietro di Silki». Non bastava. Dai verbali del Ministero emerge in modo eloquente che l’area di progetto «era classificata dalla Regione Sardegna come “non idonea” all’installazione di impianti alimentati da fonti di energia eolica di grande taglia in quanto gli aerogeneratori in questione sarebbero stati posizionati ad una distanza inferiore a 1.600 metri da beni archeologici, fra i quali numerosi nuraghi e il complesso archeologico di Fiorosa, composto da un nuraghe e dalla “tomba di giganti”».

Petrolieri dannati

I petrolieri del vento non si danno pace. Il 26 novembre del 2020 perdono al Tar Sardegna: il parere della Soprintendenza è legittimo. Il 31 dicembre perdono anche al Consiglio di Stato. Le vie della Erg, però, sono infinite. Con una procedura da manuale, il Ministero della Transizione Ecologica, quello di Roberto Cingolani, ora novello produttore e venditore di armi per conto di Leonardo S.p.A., decide di riaprire l’iter di quel progetto che sembrava morto e sepolto.

Draghi, i poteri “celesti”

A Palazzo Chigi i poteri “celesti” della “resurrezione” si materializzano il 10 marzo del 2022 quando Mario Draghi in persona avoca a sé la pratica. C’è da dirimere il contenzioso tra due Ministeri, quello della “speculazione energetica” e quello dei Beni Culturali. Il “golpe eolico” è alle porte. Il verdetto di Palazzo Chigi è uno schiaffo in faccia alla Sardegna, alla sua storia, al suo paesaggio, alla sua identità. Scrive il Governo: «il Consiglio dei Ministri, nella comparazione degli interessi coinvolti, individuati da un lato nella tutela paesaggistica, e dall’altro nello sviluppo della produzione di energia da fonte rinnovabile, nonché nella valenza imprenditoriale ed economica dell’opera in argomento, considera prevalente l’interesse all’incremento delle fonti di energia rinnovabili e alla realizzazione dell’opera di cui trattasi». Messi a scegliere, Draghi & company, hanno scelto i “petrolieri del vento”, hanno preferito l’interesse privato della Erg ai valori supremi del paesaggio sardo e della sua tutela. Per loro il giacimento archeologico infinito, nuragico e non solo, è un orpello da radere al suolo a colpi di pale eoliche e pannelli. La Regione resiste. Va al Tar e vince. Delibera Draghi annullata. I petrolieri, però, non si arrendono. Ritornano al Consiglio di Stato e vincono.

Sfregio in arrivo

Ora lo sfregio alla terra di Saccargia può procedere. Certo, la Regione può negare l’autorizzazione unica di sua competenza, ma il silenzio di Viale Trento, a distanza di oltre due mesi da quella sentenza, non aiuta a ben sperare. Ora a scendere in campo è chiamata la Sardegna che vuole reagire, a partire da quei comitati spontanei che in ogni angolo dell’Isola si stanno costituendo e mobilitando per respingere questo assalto impari al paesaggio della Sardegna.

La diretta da Saccargia

Sabato, dalle 14,30, sul Sagrato della Basilica di Saccargia, è in programma la prima manifestazione di popolo. Un’iniziativa che si annuncia imponente, con decine di gruppi musicali che hanno già aderito alla giornata di mobilitazione che verrà trasmessa in diretta da Videolina, Radiolina e UnioneSarda.it. Un’occasione importante per mettere in campo un’azione collettiva e fare chiarezza sui veri intendimenti della Regione.

Rischio boomerang

Ieri, ancora una volta, la Giunta regionale, intanto, ha preso tempo con un emendamento alla già inutile proposta di legge depositata in Consiglio Regionale più di un mese fa, enfaticamente spacciata per moratoria. Ora, così come il nostro giornale ribadisce da mesi, si propone una “via urbanistica”, ma lo si fa con un emendamento confuso e pasticciato, che rischia di rivelarsi ancora una volta dannoso. È sì corretto affrontare la questione attraverso la pianificazione territoriale, utilizzando la competenza primaria in materia urbanistica, prevederne un uso “transitorio”, però, rischia di trasformarsi in un boomerang grave e senza precedenti.

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