"Voglio sapere come è morto mio figlio".

A parlare con L'Unione Sarda è Maria Teresa Caredda, mamma di Matteo Vacca, il 21enne di Nurri trovato morto accanto alla sua auto sulla strada per tornare a casa il 18 febbraio scorso.

La famiglia ha avviato indagini parallele a quelle delle autorità per far luce su quanto accaduto al ragazzo. "Quello che è successo davvero quella notte non è chiaro, ci sono troppi elementi che non quadrano". Quelle scarpe poggiate a terra, "perfettamente allineate", lo zaino con i libri di scuola "non fuori dall'abitacolo, ma ancora all'interno", il giubbotto "con la fodera rivolta a terra e le maniche distese".

LE LESIONI - Ci sono poi quelle strane ferite: "Aveva un taglio lungo la nuca, che la guardia medica non ha nemmeno visto; l'abbiamo notato noi, solo dopo; un orecchio mozzato a metà, il setto nasale e la mandibola apparentemente rotti", e altri ematomi che per la mamma "sono più compatibili con un'aggressione che con un incidente in macchina".

Per questo la famiglia ha incaricato un consulente, Michele Baldinu, attraverso lo Studio 3A, per effettuare approfondimenti.

Un ingegnere cinematico (un esperto che si occupa di studiare il moto dei corpi in vari settori specifici) ha già espresso le sue perplessità: "Ha escluso che Matteo sia rimasto vittima di un'uscita di strada. Gli specchietti della macchina erano intatti, non c'erano i vetri rotti, e il particolare delle scarpe - continua la mamma - Ho visto diversi incidenti, e mi sembra assurdo che le scarpe possano riposizionarsi da sole accanto a un cadavere, una di fianco all'altra, allineate".

LA RICOSTRUZIONE - Il ragazzo, dopo aver chiuso il bar a Nurri ed essersi fermato in una sala giochi, intorno alle tre di notte sale in auto per rincasare: "Pochi chilometri, su una strada di campagna che conosceva a memoria", ricorda ancora la madre. Poi il buio, nessun testimone, e Matteo viene ritrovato dal fratello maggiore Mirko che percorreva lo stesso tratto, in direzione contraria, per andare all'aeroporto: vede la Smart sul ciglio della strada e si ferma.

La macchina ha i fari inspiegabilmente spenti, così il motore, mentre il quadro è acceso. Il parabrezza distante e, a cinque metri dall'auto, il corpo di Matteo, ormai freddo, che Mirko riesce a vedere solo dopo aver acceso una torcia.

L'allarme scatta immediatamente. "Matteo era a terra, supino - ricorda la mamma - e in quel momento, anche se ero sotto choc, ho notato alcuni particolari che mi sono rimasti impressi, quelli che oggi ci hanno spinto ad approfondire la dinamica di quanto accaduto".

L'APPELLO - Non è che non si fidano degli inquirenti, "vogliamo solo sapere la verità - spiega Maria Teresa - Se qualcuno ha aggredito mio figlio quella notte si faccia avanti, questa è l'ultima opportunità. Oppure qualche persona che ha assistito alla scena o impietosita si è avvicinata a Matteo, magari ancora agonizzante, e ha sistemato alcuni oggetti per poi allontanarsi. È il momento di parlare".

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