Quando aveva pochi mesi di vita è scampata al bombardamento del piroscafo sul quel viaggiava.

Nel periodo della Seconda guerra mondiale ha salvato il marito, ufficiale della Repubblica di Salò, dal plotone di esecuzione partigiano, e ha cenato più volte con Mussolini: durante la sua lunga carriera di ostetrica in Barbagia, poi, ha fatto nascere i figli di diversi banditi alla macchia.

La vita di Marina Cocco, cento anni appena compiuti, sembra essere uscita dalle pagine di un romanzo avvincente: l'infanzia e la giovinezza a cavallo delle due guerre mondiali, la passione per il lavoro di ostetrica, che le ha permesso di far venire al mondo centinaia di bambini.

Per festeggiare il suo speciale compleanno, la scorsa sera, oltre ai parenti, è arrivato anche il sindaco, Francesco Dessì, che le ha consegnato una targa a nome di tutta la cittadinanza.

Nella casa di Maddalena spiaggia, dove la nuova centenaria di Capoterra vive in compagnia della sua unica figlia Giuliana Teresi e del genero Paolo Ena, nonna Marina ci mette un secondo a riavvolgere il nastro dei ricordi: con la sua memoria in un attimo si torna indietro di un secolo, in mare aperto, dove una nave, appena silurata, sta colando a picco.

"Avevo pochi mesi allora - racconta Marina Cocco - ma quando fui un po' più grande capii di essere una miracolata. Mio padre lavorava in una fabbrica a Terni, e dalla Penisola stavamo rientrando in Sardegna, quando il nostro piroscafo venne silurato: ebbi la fortuna di essere adagiata su una scialuppa di salvataggio, e così scampai alla morte".

I ricordi, poi, inevitabilmente si soffermano sul periodo della Seconda guerra mondiale, in cui Marina Cocco viveva a Lucca. "Mio marito era un ufficiale, rimasto fedele a Mussolini anche nelle fasi finali del conflitto - dice - a volte mi nascondevo nel seno dei dispacci urgenti e attraversavo le linee partigiane: ho conosciuto il Duce personalmente, e insieme abbiamo cenato in più occasioni".

In guerra si verificano tanti piccoli episodi che non finiscono sui libri di Storia, ma quello che fece Marina Cocco andrebbe raccontato nelle scuole.

"Mio marito era fascista, e io gli davo una mano come potevo - dice - ma un giorno nel bosco sentii delle urla che provenivano da un capanno. Quando mi avvicinai dei ragazzi mi dissero di essere partigiani, catturati dai tedeschi: non esitai un attimo ad aprire la porta e a liberarli. Quando fai del bene prima o poi ti torna indietro: forse fu per questo che quando mio marito venne catturato dai partigiani nei pressi di Venezia e messo al muro accadde qualcosa di miracoloso. I fucili stavano per fare fuoco, io mi misi a piangere e a pregare in sardo: all'improvviso il capo plotone fece cenno ai tiratori di fermarsi. Era di Sassari, mi disse di far togliere la divisa a mio marito e di allontanarci subito. Non l'ho mai dimenticato. Finita la guerra mio marito rimase in carcere a San Gimignano per quattro anni".

La scuola di specializzazione a Roma, e poi il diploma di ostetrica: le altre avventure di Marina Cocco hanno luogo nell'Isola.

"Cominciai a lavorare tra Neoneli e Ardauli - racconta - capitava che bussassero alla mia porta, mi bendassero e, a cavallo, mi portassero in qualche grotta nascosta tra i monti: ho fatto nascere anche i figli dei banditi. Un segreto per arrivare a cento anni? Mangio di tutto, ma odio brodini e minestrine".
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