Don Pascal Manca consumava una quantità abnorme di sonniferi. Lo dicono i testimoni che vivevano con lui nella casa parrocchiale di Mandas, cioè le suore e i diaconi. "Dosi incompatibili con l'uso personale", ha sostenuto una infermiera. Parere avallato dagli specialisti. È una delle motivazioni che hanno spinto i giudici della Cassazione a confermare, per il prelato quarantasettenne di Nuraminis, la condanna a otto anni di carcere per violenza sessuale su minori.

L'INCHIESTA - In dieci pagine i giudici della Cassazione ricostruiscono l'inchiesta. "Don Pascal - dicono i giudici della Corte Suprema, terza sezione penale, presidente Aldo Aceto - mischiava i pesanti sedativi nelle bibite che poi offriva ai ragazzi convocati nella casa parrocchiale per segrete riunioni: quando avevano sete per i minorenni non c'era mai acqua, ma soltanto bevande allungate a loro insaputa con sonnifero incolore e insapore".

LE TESTIMONIANZE - Queste adunanze particolari erano organizzate dal parroco oltre gli orari stabiliti per il catechismo e le altre attività comunitarie e si concludevano sempre nello stesso modo. "Una volta che riusciva ad addormentare i ragazzi, don Pascal approfittava di loro", scrivono ancora i giudici della Corte Suprema, "nessun dubbio sulle dichiarazioni dei ragazzi vittime degli abusi, che sentiti separatamente e in diversi frangenti hanno sempre raccontato la stessa versione dei fatti, compresi i messaggi esplicitamente pornografici ricevuti da don Pascal col tentativo di indurli a compiere atti sessuali".

"INATTENDIBILE" - Soltanto un ragazzo ha poi ritrattato le accuse davanti al Gup: un dietrofront ritenuto inattendibile dai giudici sia di secondo grado sia della Cassazione, "perché ha ammesso di aver notato sul citofono della sua abitazione la scritta 'morte' incisa sulla targhetta". Chiara minaccia di chissà chi.

I giudici della Corte Suprema ripercorrono anche i primi due dibattimenti. "Il rito abbreviato ha consentito a don Pascal di ottenere lo sconto di un terzo della pena. Ma questa scelta, per lui vantaggiosa, per legge blocca il procedimento allo stato degli atti, a parte l'audizione di un testimone concordata in precedenza: il processo non poteva riprendere daccapo in Appello; giustamente non è stata accolta la richiesta di risentire in Aula il consulente tecnico che aveva controllato mail, foto e messaggi pornografici spediti con tablet e telefonino da don Pascal alle vittime della violenza".

RISARCIMENTI - Gli avvocati difensori del prelato (Gianni Faa e Paolo Loria) hanno sostenuto in primo e secondo grado il fatto che don Pascal lasciasse spesso in giro telefonino e tablet e che uno dei messaggi incriminati fosse partito la notte di Natale mentre lui celebrava la messa di mezzanotte: "Chiunque potrebbe averli spediti".

Per i giudici di Appello (e della Cassazione) il fatto non sarebbe comunque rilevante: "L'ex parroco di Mandas e Villamar era solito mandare messaggi a sfondo sessuale anche a numerosi adulti, era una sua pratica molto frequente".

Confermato dalla Cassazione il pagamento degli oltre 200mila euro di provvisionale da versare alle vittime come anticipo rispetto ai risarcimenti già chiesti in sede civile attraverso gli avvocati Roberto Nati, Giovanni Cocco, Rita Sanna e Tiziana Sinis.

Paolo Carta

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