Spunta una pistola nell’inchiesta sull’omicidio dell’allevatore Massimo Deidda, 63 anni, ucciso lunedì sera a bastonate in località Aureddus, lungo una stradina di campagna alla periferia di Gergei. A farla recuperare ai carabinieri sarebbe stato Cesare Tiberio Farris, 59 anni, arrestato assieme al figlio Stefano, di 29 anni, con l’accusa di omicidio volontario. Ai carabinieri della Compagnia di Isili, che stanno indagando sotto la guida del sostituto procuratore Alessandro Pili, l’allevatore avrebbe detto che l’arma era di Massimo Deidda e che l’aggressione a colpi di bastone sarebbe avvenuta per difesa. Non solo. L’uomo avrebbe anche cercato di addossarsi l’intera responsabilità nel tentativo di scagionare il figlio.

L’autopsia

Nel frattempo ieri mattina il consulente della Procura, Roberto Demontis, ha iniziato l’autopsia sul corpo dell’allevatore. Per oltre cinque ore, sino a dopo le 15, il docente di Medicina Legale del Policlinico universitario di Monserrato ha cercato di ricostruire la sequenza di colpi che hanno causato la morte del 63enne. Sei, forse sette le bastonate inferte con una violenza micidiale alla testa dell’allevatore: colpi che hanno causato estese fratture alla scatola cranica, con anche una emorragia celebrale che poi gli è risultata fatale. Quando è stato ritrovato agonizzante da un agricoltore di Gergei, per Deidda non c’era già più niente da fare.

Lo stub

Ma a seguito del rinvenimento della pistola, sequestrata dai Carabinieri, il magistrato ha ordinato anche ai suoi consulenti di eseguire la prova dello stub, il cosiddetto guanto di paraffina, sulle mani della vittima. Uno scrupolo investigativo necessario per cercare di capire se vi siano fondamenta nel racconto fatto agli inquirenti da Cesare Tiberio Farris, poco prima che scattasse l’ordine di fermo per lui e per il figlio. Racconti che l’agricoltore avrebbe fatto agli inquirenti quando ancora non erano presenti i difensori di fiducia, gli avvocati Giovanni Aste e Valerio Doa. Anche per questa ragione non è chiaro se poi quelle dichiarazioni potranno essere ritenute valide ai fini processuali, ma di sicuro lo sono per la prosecuzione delle indagini. Sta di fatto che nel frattempo la Procura avrebbe ordinato l’esame della pistola, il rilevamento di eventuali impronte digitali e la prova dello stub sia sulla vittima che sui due fermati. Gli esiti degli esami molecolari non si conoscono, ma nessuno avrebbe evidenziato bruciature alle mani potenzialmente compatibili con uno sparo.

Testimone oculare

Nel frattempo i militari della Compagnia di Isili e del Nucleo investigativo di Nuoro avrebbero sentito nuovamente anche il testimone oculare dell’aggressione: un settantenne che stava lavorando nel suo orto e che poi sarebbe scappato, avvisando i carabinieri. Anche lui, nel parapiglia delle urla, avrebbe sentito qualcuno dire la parola «pistola», ma senza vedere alcuna arma e senza riuscire ad indicare chi l’abbia detto.

L’udienza di convalida

È fissata per oggi in carcere l’udienza di convalida davanti al giudice Giuseppe Pintori. Cesare Tiberio e Stefano Farris saranno sentiti dal Gip che deciderà sull’eventuale misura cautelare sollecitata dal pm. In quell’occasione – se dovessero non avvalersi della facoltà di non rispondere – potranno raccontare la loro versione dei fatti assistiti dai difensori di fiducia. Nel frattempo anche la famiglia della vittima ha incaricato l’avvocata Herika Dessì di seguire per quanto possibile l’andamento delle indagini. Nonostante Cesare Tiberio Farris fosse fratello di Albino (ucciso assieme alla moglie nel 2013), il delitto di lunedì notte non avrebbe nulla a che vedere con il duplice omicidio di nove anni fa. Ieri sera la Procura ha riconsegnato la salma alla famiglia per i funerali che si svolgeranno oggi alle 18,15 nella parrocchia di San Vito Martire.

Francesco Pinna

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