Circa quattrocento farmacisti provenienti da tutta la Sardegna si sono ritrovati stamane a Cagliari sotto il palazzo del Consiglio regionale di via Roma, per il primo sit-in regionale del settore, per chiedere il rinnovo del contratto collettivo nazionale scaduto un anno e mezzo fa. Al contempo, chiedono aumenti salariali adeguati. La protesta è stata proclamata da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs dopo che, affermano i sindacati, Federfarma, l'associazione nazionale di categoria, ha interrotto unilateralmente le trattative in corso da un anno, disdicendo l'incontro nazionale previsto per il 9 ottobre. «I farmacisti e i collaboratori sono stanchi di aspettare un riconoscimento economico e normativo adeguato», dichiara Nella Milazzo, segretaria generale Filcams Cgil Sardegna, «gli stipendi sono gli stessi da quattro anni, nel mentre l'inflazione in questi ultimi anni è aumentata.

Il rinnovo contrattuale con l'aumento salariale è importante anche come riconoscimento del ruolo fondamentale dei farmacisti e dei collaboratori». Federfarma ha proposto ai sindacati un incremento salariale di 120 euro per tre anni, ma le sigle di categoria non ci stanno. «È una cifra irrisoria, il contratto va adeguato all'attualità», afferma Monica Porcedda, segretaria regionale Fisacat Cisl, «l'inflazione è cresciuta costantemente, le lavoratrici e i lavoratori delle farmacie private hanno diritto ad avere un tenore di vita dignitoso, sono dei professionisti e vanno trattati come tale». Porcedda aggiunge: «Una farmacia ha fatto una contestazione ai suoi lavoratori che hanno aderito allo sciopero. È inaccettabile, ci faremo sentire. Per quanto riguarda la trattativa interrotta da Federfarma, se non si siedono nuovamente al tavolo di negoziazione, faremo uno sciopero nazionale».

La Sardegna è una delle prime regioni che ha proclamato lo sciopero regionale, sottolinea Cristiano Ardau, segretario generale Uiltucs Sardegna: «Noi abbiamo chiesto 360 euro di aumento salariale, Federfarma non accetta questa cifra dicendo che non è possibile in quanto non c'è sostenibilità economica finanziaria da parte delle farmacie. Fondamentalmente dice che sono attività povere che non possono permettersi l'aumento salariale per i dipendenti. Non ci stiamo. Il contratto nazionale non serve solo a dare dignità ai lavoratori dinnanzi all'aumento del carovita, ma è anche una questione di riconoscimento professionale di persone che oggi svolgono sempre di più delle attività articolate, come nella cosiddetta "farmacia dei servizi", dove fanno anche elettrocardiogrammi, esami del sangue e via dicendo». 

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