«C’è chi disse NO!!!! I soldati burceresi nei campi di concentramento nazisti».  Le giovani generazioni di Burcei tengono viva le memoria con l’evento in programma stasera, martedì  4 giugno, in piazza Giampaolo Marcia alle 18 nell’ambito dei festeggiamenti in onore di Santa Barbara.

Il progetto nasce dalla collaborazione con la biblioteca comunale di Burcei e la sezione ANPI – Isidoro Frigau.  L’iniziativa è stata animata  dagli alunni della Terza B del plesso di Burcei dell’Istituto Comprensivo di Maracalagonis con la docente Michela Orgiana.

Il progetto

Le ragazze e i ragazzi (Chiara Rosa Saddi, Sofia Zuncheddu, Federico Lorrai, Hanaah Tarik, Lorenzo Mucelli, Andrea Puliga, Daniele Serra, Gloria Saddi e Aurora Cinus) hanno consultato, con il sostegno dell'Archvio di Stato di Cagliari, i  fascicoli militari dei soldati (Giovanni Campus, Luigi Frigau, Diodato Mucelli, Raffaele Cardia, Agostino Surcis, Giovanni Zuncheddu e Efisio Lussu), riassumendo le loro vicende militari, prima e dopo l’8 settembre 1943, e rievocando le vicissitudini che li portarono all’internamento nei campi di concentramento nazisti del terzo Reich e al lavoro coatto. Gli incontri di approfondimento sono avvenuti in orario extrascolastico nell’aula consiliare, concessa dal Comune di Burcei all’ANPI. Ha collaborato all’iniziativa, incontrando da remoto i giovani, Carlo Greppi ricercatore all’Università di Torino, che fa parte del Comitato scientifico dell’Istituto nazionale Ferruccio Parri, che coordina la rete degli Istituti per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea in Italia e la collana Fact Checking (la storia alla prova dei fatti) per l’editore Laterza.  

Il valore della memoria

Greppi  ha risposto alle domande degli studenti spiegando quale sia il valore della memoria: «La storia – ha sottolineato Greppi -  è quello che vediamo se guardiamo indietro e quel che vediamo dipende innanzitutto da quello che è emerso. Ma quando lo facciamo è per capire, se dal passato a noi vicino o lontano, possiamo trarre degli insegnamenti, se grazie a quel passato possiamo diventare persone migliori presenti a se stesse e al mondo. Dipende tutto da come vogliamo farlo: è questo “come” a rendere le storie un qualcosa su cui vale la pena di spendere il nostro tempo, le nostre energie. Oppure no».

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