Un omicidio da muretto a secco. Chi lunedì sera, nelle campagne di Genoni, ha sparato due fucilate a pallettoni contro Roberto Vinci conosceva bene la sua vittima. Il suo nome, o soprannome, sarebbe stato fatto a chi ha soccorso l'uomo: un allevatore (sul ciglio della strada) e i medici del 118 (in ambulanza). È questa la pista principale seguita dagli investigatori di Nuoro coordinati dalla Procura di Cagliari. Le bocche in caserma e al Palazzo di giustizia sono cucite. Nessuna indiscrezione, ma c'è la certezza del racconto fatto da Vinci prima di morire, martedì alle 2,30 all'ospedale Brotzu di Cagliari.

IL KILLER INCAPPUCCIATO - I carabinieri della Compagnia di Isili e del Nucleo investigativo del comando provinciale di Nuoro, coordinati da Michele Cappa e Marco Keten, sembrano aver imboccato la strada giusta. Tutti i riscontri e le testimonianze raccolti sono sul tavolo della sostituta procuratrice Nicoletta Mari, titolare dell'inchiesta. Il magistrato sta valutando con particolare attenzione, oltre alla prima fase dell'omicidio, anche l'arco di tempo immediatamente successivo all'agguato. Vinci non è morto subito, ma ha fatto in tempo a percorrere in sella alla sua bicicletta oltre 300 metri prima di cadere sull'asfalto di Is Arenaras. Anche a terra non avrebbe perso la lucidità. Il primo a soccorrerlo è stato un allevatore (con attività commerciale nel centro del paese) a bordo di un'auto in compagnia della moglie. Gli avrebbe detto che a sparare sarebbe stato un uomo incappucciato vestito di scuro. Nome, cognome e soprannome. Un racconto fatto sull'ambulanza anche ai medici del 118 che lo stavano trasportando prima all'ospedale di Isili per una trasfusione poi al Brotzu.

LE INDAGINI - In un paese di poche centinaia di persone, le indagini per scoprire l'assassino si restringono a una cerchia limitata. Gli investigatori, aiutati anche da chi ha soccorso il ferito, si stanno concentrando sull'attendibilità delle dichiarazioni fatte prima della morte. Nel referto medico viene evidenziato un forte stato di choc in cui si trova Vinci subito dopo aver ricevuto le scariche di pallettoni. La sua è una testimonianza concitata, a tratti drammatica, ma senza tentennamenti, molto precisa. In attesa dei riscontri tecnici forniti dall'autopsia e dai rilievi effettuati dal Reparto investigativo speciale dei carabinieri, gli investigatori stanno vagliando il racconto per raccogliere gli elementi probatori in grado di inchiodare il killer. L'attività di intelligence - come detto - è in pieno svolgimento e tutto fa presupporre che la soluzione possa arrivare in tempi rapidi. Uno sgarbo o la minaccia subita? Qual è il motivo che ha armato la mano del suo assassino? I militari cercano un filo conduttore che colleghi il nome fatto in punto di morte da Vinci al suo passato turbolento (l'uomo è stato protagonista di vari episodi criminali).

L'AGGUATO - Chi ha sparato conosceva molto bene le abitudini di Roberto Vinci. Sapeva che si tratteneva sino a prima dell'imbrunire nel suo terreno di Is Arenaras per accudire gli animali per poi rientrare in bicicletta. Così ha fatto anche lunedì scorso. Il killer si è appostato all'incrocio con una stradina di penetrazione agraria in leggera pendenza. Ha imbracciato il fucile, ha preso la mira e ha sparato. Due volte, in rapida successione. Vinci è stato colpito dai pallettoni alla coscia sinistra e al braccio. Non è caduto dalla bicicletta ma, aiutato anche da una leggera inclinazione della strada, ha pedalato per altri 300 metri. La sua corsa disperata si è fermata dopo una leggera semicurva a sinistra dove, senza energia per l'imponente perdita di sangue, si è accasciato sull'asfalto.

Andrea Artizzu

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