«Solo chi ha patito l'atroce dolore della perdita della vita o della libertà dei propri familiari può comprendere quanto il silenzio, cui il sindaco si è incautamente sottratto, avrebbe potuto evitare il riacutizzarsi di ferite ancor oggi laceranti».

Andrea e Irene Loddo affidano al loro legale Ivano Iai tutta l'amarezza e lo sconcerto per le parole del sindaco di Arzana Angelo Stochino all’indomani della morte dell’ex latitante di Arzana Pasquale Stochino.

«Gli arzanesi lo ricorderanno per quello che ci ha lasciato nel suo ultimo periodo di permanenza in paese – aveva detto il sindaco Stochino – un anziano che si era reintegrato nella comunità, attento e premuroso con i bambini e con gli adulti. Faceva lunghe passeggiate e coltivava l’orto. Pasquale Stochino era una persona mite, assiduo frequentatore della chiesa».

Può un recente passato cancellare quello più oscuro, per cui il bandito era stato condannato?

Nessuno può dimenticare quel che accadde quella sera. Pasquale Stochino si era dato alla macchia il 15 agosto del 1972, subito dopo la strage di Lanusei. Quella sera un gruppo di persone armate e mascherate fece irruzione nella villa di Vincenzo Loddo, 71 anni, medico condotto del centro ogliastrino.

L’abitazione si trovava alla periferia della cittadina. Volevano sequestrare Andrea, il figlio del medico, che non era in casa: i banditi persero la calma e ci fu una sparatoria. Perse la vita anche uno dei sequestratori (oltre al medico, la moglie, il fratello e un nipote). Oggi è Andrea a parlare, quel bambino di un tempo, con la rabbia di chi ha perso tutto quella sera.

«Proviamo disappunto e profonda amarezza per le dichiarazioni del sindaco in proposito del decesso di un ex latitante. Sono ferite che si riacutizzano per le vittime di reati gravissimi, cancellati dalla memoria, insieme alle persone ingiustamente scomparse, dalle parole di un rappresentante delle istituzioni che onora chi della vita altrui ha avuto disprezzo e dello Stato innegabile e risoluto scherno».

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