Dodici cavidotti per collegare altrettanti parchi eolici e fotovoltaici con la sottostazione che Terna vorrebbe costruire a Nuraxi Figus. Se fossero realizzati, quali sarebbero i riflessi su agricoltura, turismo, paesaggio?

Pietro Cocco (sindaco di Gonnesa): «Tanti, tutti devastanti. Per prevenirli ci siamo dotati di un piano urbanistico, adeguato al piano paesaggistico regionale, che prevede la possibilità di installare impianti fotovoltaici solo sui tetti. Purtroppo i progetti minacciano soprattutto aree agricole e siti archeologici. Un’azienda ha contestato la nostra scelta e il Tar ci ha dato ragione. Se proprio qualcuno vuole realizzare una sottostazione, usi quella già esistente nella Carbosulcis».

Venanzio Melis (proprietario di una casa confinante con la sottostazione): «Otto cavidotti attraverseranno le strade del paese, uno trasporterà corrente elettrica a 36mila volt a cinquanta centimetri dal muro di confine della mia casa, anche se un decreto regionale del Duemila stabilisce una distanza di almeno mille metri dal centro abitato».

Giancarlo Ballisai (comitato Nuraxino a difesa del territorio): «Ci sarebbero moltissimi espropri. A Nuraxi Figus i cavidotti occuperebbero un migliaio di chilometri transitando anche su uno strettissimo ponte identitario del 1930. Nessuno parla dell’inquinamento elettromagnetico. Sostengono le multinazionali che le valutazioni si fanno a posteriori, ma se salta fuori un problema sanitario che si fa: spostano i cavi o - come avviene di solito - i cittadini? Nuraxi Figus sta già pagando un prezzo altissimo all’inquinamento, testimoniato dal numero di pazienti oncologici».

Armando Meloni (proprietario terriero): «Chi vi parla è un futuro espropriato. Nel mio terreno vorrebbero estirpare oltre duecento piante di ulivo, cinquanta di fichi e altrettante di frutta, i vigneti. Per fare questo monumento alla speculazione vorrebbero utilizzare da due a quattro ettari tra i più fertili del paese e noi ci rimetteremmo una parte consistente del nostro reddito».

Francesco Calderone (imprenditore): «Il nostro progetto di costruire un albergo al confine con Carbonia è stato approvato nel 2016, ma nel 2023 ho scoperto che Enel Green Power vuole installare sette torri eoliche alte 220 metri proprio lì. I clienti apriranno le finestre e vedranno le pale a un soffio. Ho già investito centinaia di migliaia di euro che andranno in fumo, tutti gli immobili subiranno una svalutazione pesantissima».

Siete stati contattati dalle società che vogliono realizzare i progetti? Cosa offrono per il sacrificio che chiedono?

Cocco: «Mi raccontano di personaggi suadenti con proposte apparentemente meravigliose. Il Comune ha espresso parere contrario: non li abbiamo neppure incontrati».

Melis: «Ho un’azienda agricola di una decina di ettari a Nuraxi e una persona mi ha proposto di comprare un ettaro a centoventimila euro. Ho rilanciato: “Ti vendo l’azienda, dieci ettari a centoventimila euro per ettaro”. Mi ha risposto: “Non funziona così, un ettaro lo paghiamo e gli altri saranno espropriati. Ti do 2.000 euro per l’accordo senza neppure un atto dal notaio. Dopo l’approvazione del progetto avrai il resto”. Non siamo latifondisti ma piccoli proprietari che vivono lavorando quei terreni. Lo Stato ci dovrebbe tutelare, invece ci lascia all’oscuro del progetto per poi espropriare le terre con l’ombrello della pubblica utilità. Diventa un problema sociale, ci sono persone disperate perché scippate della possibilità di sopravvivere».

Ballisai: «Sono stato contattato da un procacciatore di affari per la costruzione di una sottostazione in alcuni terreni di mia proprietà a Portoscuso. Mi ha detto che il mio vicino aveva già detto sì, era mio padrino: in effetti era vero. Ho accettato un’intesa per due anni in cambio di tremila euro: non ho visto un centesimo e fortunatamente non se n’è fatto niente».

Meloni: «Nessun contatto e va bene così. Anche perché non ho nessuna intenzione di farmi portare via il terreno».

Calderone: «Subito dopo aver scoperto l’esistenza del progetto eolico ho posto alcune domande a Enel Green Power e Comune di Carbonia. Nessuno dei due ha risposto».

Che effetto fa sapere che tanti ipotizzano nuovi impianti e sottostazioni in aree compromesse come il Sulcis e Porto Torres?

Cocco: «Quest’idea che il Sulcis e Porto Torres debbano avere interventi più invasivi è una roba folle, non sta né in cielo né in terra, se dovesse prendere piede saremmo pronti a una battaglia ancora più dura. In questo momento dobbiamo essere uniti, per noi valgono le regole utilizzate da tutti gli altri».

Melis: «Il nostro territorio è stato martoriato, ora pensano di toglierci anche le piccole oasi di salvaguardia. Sarebbe più onesto dire che vogliono mandarci via».

Ballisai: «Questa parte del Sulcis è malata e va curata. Abbiamo dato molto, bisogna investire per rimarginare le ferite e non aggiungere inquinamento».

Meloni: «Non ci sono spazi per accogliere quei mostri nel Sulcis e nel resto dell’Isola».

Calderone: «Non si può continuare a inquinare una zona che si sta affermando nel turismo. Cosa c’entrano le pale eoliche con il turismo? I posti di lavoro si creano con le strutture ricettive e i servizi, non con le torri. La parte mineraria è stata in parte riqualificata, d’estate attira un certo numero di visitatori. Si vuol fare un passo indietro con una scelta che riempirebbe le tasche di pochi speculatori slegati dal Sulcis».

Dove mettereste pale e pannelli?

Cocco: «Nelle aree industriali, con altezze limitate. Il problema è la prepotenza di queste società che non si rassegnano».

Melis: «Penso che gli impianti dovrebbero essere installati innanzitutto sui tetti. È chiaro che lì non ci può essere speculazione, quindi non interessano».

Ballisai: «Trovo difficile immaginare aree idonee nel Sulcis, oltre i tetti delle case. Se i progetti andassero avanti, gli espropri coinvolgerebbero la stragrande maggioranza dei proprietari terrieri».

Meloni: «Nel Sulcis non ci sono spazi adatti».

Calderone: «Pienamente d’accordo per l’utilizzo dei tetti. Francamente non vedo spazi adeguati ai maxi impianti eolici».

Otto progetti sono stati bocciati dalla soprintendenza nazionale per il Pnrr. Basterà?

Cocco: «La soprintendenza si è basata su dati di fatto, sostiene le nostre battaglie per difendere i siti archeologici, l’ha fatto anche in altre zone».

Melis: «Crediamo nelle osservazioni che abbiamo presentato per la salvaguardia del territorio, siamo molto speranzosi. C’è un problema di distanze, un cavidotto passa a sei metri da un pozzo sacro: vi sembra possibile?».

Ballisai: «Il Ministero dei Beni culturali ci ha premiato dandoci ragione otto volte. Puntiamo a tutelare le aree archeologiche di Nuraxi Figus, Bacu Abis, Cortoghiana e Carbonia, non vorremmo trovarci circondati da pale altissime e parchi fotovoltaici che scaccerebbero i turisti e farebbero ripartire l’emigrazione dei giovani che hanno trovato un lavoro. Sono ottimista ma il rischio è altissimo».

Meloni: «Spero che Nuraxi Figus diventi definitivamente turistica scacciando gli speculatori».

Calderone: «Ottimista? Mah, la speranza è l’ultima a morire, lotterò per non farmi portare via ciò che ho costruito con anni di sacrifici».

Nei progetti ci sono errori grossolani. In quelli di Nuraxi Figus c’erano allegati di Villacidro, in un altro la sottostazione di riferimento era quella di Vado, in Basilicata. Perché?

Cocco: «Queste società presentano progetti dappertutto, talvolta sbagliano includendo documenti che non c’entrano nulla. Il più delle volte non saranno loro a fare l’investimento ma speculano vantando corsie preferenziali nelle amministrazioni pubbliche».

Melis: «Esempio scandaloso, la Sardegna vale la Basilicata o qualunque altra regione. Mi indigna e mi offende come sardo. Dicono che questi parchi sono un’opportunità, ma non offrono alcun tipo di riconversione per un settore industriale in crisi».

Ballisai: «Un copia e incolla offensivo».

Meloni: «Non conoscono il territorio, conta solo raggiungere l’obiettivo con un vorticoso giro di milioni».

Calderone: «Ho letto e riletto le relazioni allegate al progetto che mi danneggia: sostengono che le pale eoliche nobiliterebbero quello spicchio di Sardegna. Gli autori sperano nell’ignoranza di chi consulterà quei documenti. Speriamo di riuscire a difenderci da quest’assalto».

Paolo Paolini

Francesco Pintore

Stefania Piredda

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