La supertestimone, la ragazza che ha visto il presunto l’assassino di Gianluca Monni in auto passare davanti alla pensilina dei pullman di Orune è regolarmente in aula, l’imputato Alberto Cubeddu è ancora una volta assente. Difficile non individuare da parte sua la volontà di sottrarsi a un confronto con chi lo avrebbe prima visto e poi riconosciuto due anni fa indicandolo per ben due volte nelle foto mostratele dai carabinieri dopo il delitto. Quel ragazzo lo ha ribadito anche ieri davanti alla Corte d’Assise è Alberto Cubeddu, uno dei due autori per la Procura di Nuoro del delitto non solo dello studente di Orune ma anche del 28 enne di Nule Stefano Masala. La ragazza, all’epoca studentesse in un istituto superiore di Nuoro, sollecitata dalle domande del pm Andrea Vacca, ha ripercorso con la memoria quei momenti. Decisa, sicura, mai in difficoltà nemmeno nel controesame delle difese (gli avvocati Patrizio Rovelli e Mattia Doneddu) ha rievocato quando quella mattina del 7 maggio incrociò lo sguardo di quel giovane che la fissava con insistenza tanto da rivolgergli stizzita il dito medio.

"Ha riconosciuto nella foto della patente prodotta dalla difesa il soggetto che le è stato esibito sempre in foto dai carabinieri?". "Si". "E come si chiama?" "Alberto Cubeddu", ha poi risposto la teste alla domanda secca dell'avvocato di parte civile Angelo Magliocchetti chiudendo di fatto la sua lunga deposizione. In precedenza aveva raccontato l’anomalia di quella mattina, ovvero di quella macchina sospetta che per ben due volte era passata a bassa velocità davanti alla pensilina e di quel ragazzo che seduto nel posto del passeggero si era sporto in maniera palese. “Aveva una felpa, i capelli corti e una ventina d’anni”, ha sottolineato. Poi prese regolarmente il pullman per apprendere poco dopo la tragica notizia dell’omicidio. Per lei quella macchina era una Grande Punto con un oggetto arancione sulla cappotta, ma anche detto che dato che non era un’esperta d’auto e la sua poteva anche essere un’impressione sbagliata. Le indagini (immagini delle telecamere ed altre testimonianze) hanno infatti appurato che i due assassini arrivarono in paese con una Opel Corsa grigia molto simile al modello indicato dalla ragazza.

Rimandato alla prossima udienza prevista per il 19 ottobre il racconto di Marco Masala e dei suoi figli. Spazio invece ieri per altri testi, un resoconto il loro utile soprattutto a ricostruire il clima, il movente dell’omicidio e le personalità degli imputati e della vittime. Tra gli altri emerge un particolare agghiacciante dal racconto di Giuseppe Dettori di Nule un tempo amico di Pinna (già condannato in primo grado a venti anni di reclusione e per il quale giovedì a Sassari inizia il processo d’appello) e di Gianluca Monni. “Paolo Pinna mi ha mandato un messaggio il giorno della morte di Gianluca e mi ha chiesto cosa fosse successo al mio amico”, ha detto Dettori, “messaggio a cui non ho mai risposto perché mi era sembrato una presa in giro”. Deposizione anche del poeta orunese Cherchi autore della poesia circolata su un gruppo watsapp che secondo l’accusa sarebbe stata travisata nel suo significato da Pinna tanto da accelerare da quel giorno il suo piano criminale.

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