Il pubblico ministero Paolo De Falco aveva già chiesto due ergastoli per il fratello e la cognata di Angelo Maria Piras, l'allevatore di Lula freddato a colpi di fucile il 25 gennaio 2015 nelle campagne del paese.

Ma nel corso del processo bis di secondo grado, la Corte presieduta al giudice Massimo Poddighe ha clamorosamente deciso di riaprire l'istruttoria, convocando una sfilza di testimoni tra carabinieri, consulenti e periti, ma anche disponendo una nuova perizia sull'esame stub che era risultato negativo.

Sotto processo per il delitto ci sono Nico Piras, 41 anni, e l'ex moglie Alice Flore, di 38, accusati di omicidio premeditato. La Corte ha però rigettato tutte le richieste dei difensori Rita Dedola, Domenico Cerasaro, Francesco Lai e Potito Flagella che chiedevano ulteriori perizie e di sentire altri testimoni già ascoltati nei gradi precedenti.

Nella prossima udienza, il 16 settembre, si conferirà l'incarico al perito per capire se lo stub fatto su Nino Piras e risultato negativo sia stato effettuato in ritardo, dunque con le eventuali tracce di polvere da sparo ormai deteriorate.

Nell'udienza di oggi l'imputato ha mostrato ai giudici il suo numero di scarpa (42), di un numero inferiore rispetto a quella che era stata sequestrata a ridosso dell'omicidio.

Con una clamorosa sentenza il 3 novembre 2021 la Cassazione aveva annullato il primo processo d'appello che si era concluso a Sassari con la condanna a 24 anni dei due coniugi Piras (ribaltando la sentenza di primo grado che li aveva assolti), stabilendo un nuovo processo davanti ai giudici di secondo grado di Cagliari.

L'annullamento era stato motivato perché il verdetto aveva "riproposto una tesi alternativa rispetto alla sentenza di primo grado, violando l'obbligo che impone al giudice d'appello che ribalta la sentenza assolutoria di primo grado, di redigere una motivazione rafforzata".

Il pg De Falco, che aveva sostenuto l’accusa a Sassari, nella scorsa udienza ha confermato la richiesta di condanna e sollecitato due ergastoli, ma l’appello-bis ora si riapre. Oggi sono stati convocati nel banco dei testimoni un carabiniere del Nucleo operativo radiomobile di Bitti, alcuni consulenti e un esperto che ha lavorato all'estrazione del Dna da una delle scarpe sequestrate, di numero però differente da quella indossata oggi dall'imputato.

(Unioneonline/L)

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