La mezza dorsale anziché un’intera e «l’ipotesi realistica» di completare i lavori nel 2028. Sono queste le coordinate della metanizzazione sarda, dove il gas naturale liquefatto (gnl) andrà a sostituire il carbone. C’è la firma di tre ministeri (Infrastrutture, Imprese e Ambiente) che con la presidenza del Consiglio hanno sottoscritto il nuovo Dpcm Energia tra il 4 e il 10 settembre: nero su bianco le regole della phase out, l’eliminazione graduale delle fonti fossili che porterà alla definitiva dismissione della centrale di Portovesme dopo quella di Fiume Santo.

Cosa succede

La svolta è storica: la Sardegna si avvia a cambiare modello energetico, seppure tardivamente. Il vero grosso problema è che l’Isola lo farà con una spada di Damocle sulla testa, com’è il ricorso massiccio alle rinnovabili. Sono 6,2 gigawatt, è l’altra metà della decarbonizzazione che sta togliendo il sonno ai sindaci. «Una speculazione mascherata da transizione», ripetono da tempo le fasce tricolori. I documenti ufficiali sul gasdotto, con scadenze e appalti, mancano tutti. Ma siccome il progetto viene da lontano, qualche certezza progettuale esiste.

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