Sono arrivati alle pendici del Monte Linas con ruspe e bulldozer, come i piemontesi di un tempo. Non hanno letto il “Paese d’ombre” e ignorano del tutto la storia di quelle foreste saccheggiate nel nome del regno sabaudo e delle carbonaie toscane. Qui, a Villacidro, racconta il patriarca letterario Giuseppe Dessì, «non avevano mai tollerato padroni». «Gente aspra e qualche volta anche cattiva» narra lo scrittore-filosofo, spiegando che le violenze e i soprusi subiti da “forestieri” spregiudicati avevano forgiato quasi geneticamente carattere e indole delle genti del Monte Linas.

Novelli piemontesi

I novelli “piemontesi del vento”, sbarcati ora da Cuneo nella terra del Campidano di mezzo, della storia “cruenta” della difesa di Villacidro non avevano mai letto niente. Ci sta, del resto, per chi è stato abituato dalla storia a non bussare quando entra in casa altrui. Le leggi dello Stato italiano, però, almeno quelle, le avrebbero dovute leggere, e magari anche rispettare. Avrebbero dovuto sapere, per esempio, che non si sbarrano corsi d’acqua, non si elevano strade su aree a rischio idrogeologico, non si riempiono canali senza chiedere permesso. Avrebbero dovuto sapere che qui, in uno dei terreni comunali più estesi dell’Isola, le “terre civiche” sono sacre. Avrebbero dovuto, appunto. L’avvento “francescano” di questi novelli “ventilatori” del nord Italia nella terra degli agrumi e delle ciliegie, con tante ramificazioni affaristiche sparse di qua e di la, è stato persino accompagnato da un singolare comunicato stampa che sembrava quasi annunciare la “beatificazione” di cotante pale eoliche al cospetto del grande monte. Si lamentavano, con la grazia dei Caterpillar che hanno spianato Santu Miali, delle critiche mosse all’operazione eolica sul Monte Linas da un’inchiesta del nostro giornale.

Benessere “francescano”

Invocavano comprensione e ringraziamenti per il “benessere” che si accingevano a “concedere” a piene mani su quel proscenio, secondo loro, carico di disperazione e desolazione. Poi, al risveglio spettinato da un’accoglienza “ingrata”, nel cantiere di polvere, si sono ritrovati i ranger della Forestale e gli ingegneri del Genio Civile. Il verbale vergato dai funzionari della Direzione regionale dei Lavori Pubblici tuona abusi ripetuti, come se avessero scambiato quell’area come una “terra di nessuno” da sfregiare impunemente nei corsi d’acqua e nell’assetto idrogeologico. Eppure nelle carte del Piano di Assetto Idrogeologico, era evidente una “chiazza” azzurra, contrassegnata da un pericoloso vincolo legato alla conformazione idrografica dell’intera area, poco importa se le pale erano state posizionate, dopo modifiche ripetute, in modestissimi enclavi dove il rischio era stato posto ai confini.

Il blitz a Santu Miali

L’atto di denuncia dei tecnici non lasciava margini: abusi, tutti vietati dalle leggi in materia di governo di fiumi, corsi d’acqua e assetto idrogeologico. Controfirma la Forestale che trasmette tutto a Procura e Comune. Per l’amministrazione comunale l’ordine è tassativo: dovete fare subito l’ordinanza di demolizione e ripristino dei luoghi all’interno dell’area oggetto della costruzione della centrale eolica di Santu Miali. Il dossier scotta. Di mezzo ci sono omessi controlli, sia in fase progettuale che autorizzativa, così come appare davvero sorprendente l’assenza di una puntuale verifica dello stato dei luoghi e del cantiere, ignorando opere fondamentali quasi che il progetto riguardasse un modesto ricovero attrezzi e non lo stravolgimento del più rilevante proscenio ambientale e paesaggistico. Ieri l’ordinanza, dopo qualche ritardo, arriva al protocollo. La disposizione è chiara: «si ordina alla Società DAS Villacidro Srl di provvedere alla demolizione delle seguenti strutture, a loro cura e spese, entro il termine di giorni novanta dalla data di notifica della presente ordinanza, nonché l’esecuzione dei lavori di ripristino dello stato dei luoghi, con l’avvertenza che, in caso di inadempienza, i lavori verranno eseguiti d’ufficio con spese a loro carico e senza il pregiudizio dell’azione penale».

Abusi

Sotto accusa ci sono almeno quattro opere che hanno sbarrato o modificato l’assetto idrogeologico dell’area: «l’attraversamento dell’elemento idrico denominato “Rio Sa Gora de is Monnitzis” realizzato in terra con posa in opera di un tubolare per il deflusso della corrente idrica; l’attraversamento dell’elemento idrico denominato “Canale S’Acqua Durci” realizzato in terra senza posa in opera di adeguata opera idraulica atta a consentire il deflusso della corrente idrica; adeguamento dell’attraversamento esistente dell’elemento idrico denominato “Canale S’Acqua Durci” realizzato in terra con posa in opera di un tubolare per il deflusso della corrente idrica (lato monte attraversamento, secondo il verso della corrente idrica); adeguamento dell’attraversamento esistente dell’elemento idrico denominato “Gora de Stai” realizzato in terra». La decisione del funzionario comunale di ordinare la demolizione, ma di non bloccare il cantiere, come forse gli abusi accertati e quelli da verificare avrebbero suggerito, sarà ora vagliata dalla Procura della Repubblica. Sotto la lente degli uffici del Palazzo di Giustizia potrebbero finire diversi aspetti, anche alla luce di tutto l’iter autorizzativo di quel progetto. Tra questi ce n’è uno che solleva non poche riserve sull’approvazione del progetto: l’accertata esistenza di usi civici all’interno dei mappali inseriti nel «provvedimento di occupazione d’urgenza emesso dalla Direzione Generale degli Enti locali e Finanze Servizio Demanio e Patrimonio di Cagliari della Regione Autonoma della Sardegna in data 22 giugno 2023». Ora, nella stessa ordinanza di demolizione delle opere nel contesto eolico, si scrive: «quel provvedimento di occupazione d’urgenza non è valido per le seguenti ditte catastali: Etfas con sede in Cagliari; Comune di Villacidro in quanto aree soggette agli usi civici; Demanio dello Stato con sede in Roma aree soggette agli usi civici; Laore Sardegna; Ersat; Terna». La conclusione della stessa ordinanza è netta: in quelle aree, «pertanto, non possono essere realizzate le opere ivi previste in assenza di specifica autorizzazione da parte degli Enti Proprietari». Un vulnus, l’ennesimo di questa vicenda, che probabilmente avrebbe dovuto suggerire non solo una maggiore perizia nell’approvazione del progetto, sia per quanto riguarda l’assetto idrogeologico dell’area, ma anche per la proprietà dei terreni, non verificata nonostante fossero gravati da uso civico.

Il mancato blocco

Non bloccare l’intero cantiere, dinanzi a violazioni di carattere idrogeologico, che hanno riflessi, come molta giurisprudenza indica, sull’intero progetto, gravato persino da usi civici, significa concedere ai signori della Das il tempo per “infliggere” a quell’area la violazione più rilevante: l’irreversibilità del danno al paesaggio del Monte Linas. A margine di tutto dovranno essere verificate anche le proprietà dei “depositi” Vestas individuati all’esterno dell’area di cantiere e il loro utilizzo che appare difforme dalla destinazione urbanistica agricola. Il dossier ora è a Palazzo di Giustizia.

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