Le pale eoliche, in quel che fu il Paese d’ombre, non bussano. Non chiedono nemmeno permesso. Ti sfondano direttamente la porta di casa. Qui il tempo delle chiudende, alle pendici del Monte Linas, non sembra passare mai. Il vento a Villacidro ora soffia pesante, la tempesta ha il colore verde delle raccomandate che in queste ore stanno togliendo il sonno a centinaia di famiglie di agricoltori della zona. In quella vallata fertile e irrigata, da Santu Miali a Pranu sa Cantissa, i mappali sono numeri, ma quelle terre sono anche storie, famiglie, eredità, frutteti rigogliosi, campi seminati. Eppure, come se i piemontesi avessero rimosso le antiche gesta di ribellione di questo paese, lo scippo si consuma all’ombra di ferragosto, come ogni atto vile verso una comunità distratta e indifesa.

La rivolta di Mummìa

Mai, Giuseppe Dessì, l’illuminato scrittore di “Paese d’ombre”, avrebbe potuto immaginare che cinquantuno anni dopo quel suo romanzo si sarebbe trasformato in nefasta cronaca moderna. Un affronto alla storia di «Pantaleo Mummìa, il pastore che era stato uno dei capi della rivolta contro la Legge delle chiudende del 1820; legge, come si sa, frutto del riformismo sabaudo, mirante ad introdurre nell’Isola il principio borghese della proprietà perfetta». Il via vai verso le poste del paese capoluogo del Medio Campidano è da giorni incessante. Vanno e vengono, fratelli e sorelle, interi nuclei familiari, centinaia di destinatari di quella “raccomandata delle chiudende” che di punto in bianco, senza alcun preavviso ti porta via terreni e diritto di proprietà, come quando le genti di Teulada e Quirra venivano caricate “manu militari” sui camion dell’esercito per sgombrare le praterie e le colline scippate per i giochi di guerra.

Chiudenda eolica

I tempi sono cambiati. Questa volta a firmare la “chiudenda eolica” è nientemeno che la Regione Sarda, come atto di resa incondizionata ai piemontesi, quelli di Cuneo, venuti in questa terra povera a imporre l’ennesimo “ventilatoio” di pale e denari. Gli atti sono un fulmine improvviso, proprio quando in tutta l’Isola la reazione all’invasione eolica si arma di fasce e striscioni, prese di coscienza e ricorsi legali. La notifica è una condanna, quasi senza appello: da questo momento, se non farà ricorso entro sessanta giorni, i suoi terreni sono nostri. Per “nostri” si intende della società “Das Villacidro”, che con il comune del Monte Linas non ha proprio niente da spartire, se non quei mostri che si accingono a piazzare nelle terre agricole tra Pimpisu e il villaggio di San Michele.

Dalle Alpi al Monte Linas

La residenza fiscale di questi novelli affettatori d’aria in terra altrui è a Cava, sparuto borgo alle pendici delle Alpi Marittime, tra Cuneo e Nizza, nel Piemonte più ligure che francese. Inutile chiedersi chi sono i proprietari, si finisce per entrare in un tortuoso ginepraio di trust e fondi finanziari, di società correlate e nomi apparentemente insignificanti. Di certo la modesta srl non può vantare grandi capitali, visto che i soci, due società composite di Camerana, sempre in provincia di Cuneo, partecipano allo scacco villacidrese con appena cinquemila euro per ciascuno.

Scalata da diecimila euro

Una scalata di appena diecimila euro che sono serviti, però, a conquistarsi il più palese atto di sudditanza regionale, il decreto di interesse pubblico sancito dall’assessorato regionale dell’Industria, confermato con il decreto d’esproprio, con tanto di occupazione d’urgenza, vergato dall’assessorato di viale Trieste che si occupa di Enti Locali e Urbanistica. Con questo duplice atto la Regione sarda ha, quindi, di fatto “regalato” ai “piemontesi del vento” una dichiarazione che niente, in realtà, ha a che fare con la pubblica utilità, semmai più con gli affari privatissimi di queste “anonime” società catapultatesi dalle Alpi sino al Monte Linas.

Regione bislacca

Quel che più lascia sgomenti è la tempistica di questa occupazione d’urgenza notificata in pieno agosto. È semplicemente sorprendente che questi atti portino la firma della Regione sarda che, in teoria, avrebbe il dovere e il compito di tutelare i cittadini sardi, senza consentire a chicchessia, a partire dai signori del vento venuti dal Piemonte, di mettere spalle al muro agricoltori e allevatori del Campidano.

Pubblica utilità per pochi

La formula del decreto è una confessione senza appello: «la dichiarazione di pubblica utilità è implicitamente contenuta nell’autorizzazione unica dell’assessorato regionale dell’Industria rilasciata il 16 aprile 2020 e integrata con una del 25 gennaio del 2022». Quasi a svilire il valore agricolo di quelle terre, l’assessorato regionale dell’Urbanistica scrive: «le aree interessate dal presente provvedimento sono classificabili come aree non edificabili». Come dire, fate delle aree agricole quel che volete.

Esproprio fatto in casa

Il disposto finale del provvedimento è nel contempo sentenza e condanna: «si emana, in favore della società "Das Villacidro srl”, promotore e beneficiario dell’asservimento e dell’espropriazione, il presente provvedimento di occupazione d’urgenza preordinato all’asservimento e all’espropriazione e all’occupazione temporanea degli immobili». Firmato Regione Sarda. Se il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna, l’unico deputato a fermare questo scempio eolico, non sarà chiamato in causa da ricorsi e opposizioni di Comune e agricoltori, i piemontesi, quelli della Das Villacidro, ritorneranno padroni nelle terre del Monte Linas. La cacciata narrata nel Paese d’ombre, a quel punto, sarà solo un mesto e inutile ricordo del passato.

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