Dopo il rapporto Crenos presentato ieri, in cui è emersa la posizione della Sardegna come regione in cui il 18 per cento dei residenti rinuncia alle cure, interviene l’assessore regionale alla Sanità, Carlo Doria: «Il 2021 non è stato un anno qualsiasi per la sanità dell’Isola, così come non lo è stato il 2020 e questo vale per l’intero sistema sanitario nazionale e in generale per l’intero pianeta. Forse qualcuno lo avrà dimenticato, ma nel 2021 vivevamo ancora in uno stato d’emergenza in cui l’andamento della curva epidemiologica non condizionava soltanto la nostra libertà personale, in seguito alle misure di contenimento del virus, con i colori delle Regioni e i lockdown conseguenti, ma anche l’intera macchina delle cure e dell’assistenza drammaticamente focalizzata sul Covid-19». «La pandemia – prosegue l’esponente della Giunta Solinas - ha completamente stravolto il nostro sistema sanitario: abbiamo avuto interi reparti ospedalieri se non, in alcuni casi, interi ospedali riorganizzati e convertiti per assistere i pazienti affetti dal Covid. Le stesse misure messe in campo per impedire la diffusione del virus hanno portato a una stretta degli accessi nelle strutture sanitarie, dove se da un lato è rimasta garantita l’attività d’urgenza, dall’altro la lotta al Covid ha comportato un’enorme compressione di tutte le altre attività cliniche ambulatoriali, compresi gli screening oncologici, probabilmente uno degli effetti collaterali più gravi della pandemia, destinato ad avere ripercussioni nel tempo».

Doria punta poi il dito contro l’indagine Crenos: «Evidenzia aspetti che non possono essere decontestualizzati dal periodo preso in esame ovvero il 2021, a meno di non voler compiere un’enorme opera di propaganda, volendo raccontare una “realtà” molto lontana dal dato vero e incontrovertibile. Parlare di rinuncia alle cure nell’Isola da parte di un paziente su cinque in un momento in cui lo stesso sistema sanitario era “sotto scacco” e orientato alla gestione dell’emergenza pandemica non può rappresentare una lettura corretta. I problemi della sanità di oggi sono da ricercare nelle scelte errate e nella mancata programmazione nazionale e regionale che risalgono ad almeno quindici anni».

E ancora: «Il professor Paci, referente scientifico del rapporto Crenos, ed ex assessore della Giunta Pigliaru, nel dichiarare che “la popolazione sta rinunciando alle cure mediche”, non riportando minimamente a un contesto che invece è determinante, tradisce l’intenzione di strumentalizzare politicamente i temi da parte di chi ha invece la grande responsabilità di aver mancato l’abolizione del tetto di spesa imposto dalla spending review, rimosso invece in tutte le altre regioni a statuto speciale che si pagano in proprio la sanità», sottolinea l’assessore.

«In merito ai tempi d’attesa delle prestazioni – sono le parole di Doria – se è corretto dire che la pandemia ha avuto un peso determinante su questo fronte è altrettanto vero che dalla fine dell’emergenza, nel marzo 2022, il nostro sistema sanitario ha iniziato a recuperare terreno. Addirittura il confronto dei tempi medi tra il mese d’aprile 2018 e lo stesso periodo del 2023 ci mostra un sensibile miglioramento sulla maggior parte delle 64 prestazioni che costituiscono un indicatore per i tempi d’attesa. Per fare un esempio, il dato regionale del 2023 sulle mammografie alla mammella segna 19 giorni se bilaterale o 37 se monolaterale, ad aprile 2018 il tempo necessario per accedere alla stessa prestazione era mediamente di 90 giorni. Oggi il peggioramento delle performance lo registriamo sulle prestazioni in cui nell’Isola è rimasta una sola scuola di specializzazione, aspetto che ha portato la Regione a impegnarsi in prima persona sulla formazione specialistica con nuovi investimenti».

«Anche il dato sulla mortalità del 2022 deve essere letto sotto il profilo statistico: in un territorio che, purtroppo registra un dato demografico in cui la popolazione è sempre più anziana, con un numero di centenari fra i più alti d’Italia e dove le nascite sono sempre meno, i numeri non sorprendono. La semplice statistica ci insegna infatti che è maggiore la probabilità di decesso in una popolazione più anziana come quella sarda rispetto ad una più giovane e che la popolazione sarda oggi è mediamente più anziana rispetto a cinque anni fa, anche per la citata denatalità, aumentando di fatto notevolmente la probabilità statistica di un aumento dei decessi», conclude l’assessore Doria.

(Unioneonline/s.s.)

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