Ricordate quella scritta bianca, No alle Scorie, nel campo azzurro di una bandiera? Sì, proprio quella che è ancora lì, appesa alla finestra del nostro vicino di casa, in mostra con orgoglio nella bottega di alimentari di signora Franca. Io la vedo tutti i giorni dietro la scrivania di un collega, qui in redazione. Accompagnava, quella bandiera, un sentimento popolare di sana ribellione verso il progetto della Sogin di trasformare la Sardegna nella pattumiera delle scorie nucleari d'Italia.

Era il 2003 e questo Gruppo editoriale scese in campo già allora con la sua forza principale - la parola - per opporsi. Nobile intento che contagiò decine di migliaia di sardi. Altri, con la puzzetta sotto il naso, rimasero indifferenti se non critici, magari solo per partito preso. È il sale della democrazia, che condisce anche rubriche e blog e talvolta avvelena il dibattito sui social, alimentato da malpancisti cronici.

Il sale della democrazia può essere usato in tanti modi. Ho citato mio padre, storico corrispondente da Quartu, solo in un altro editoriale, il primo da direttore dell’Unione, lo faccio di nuovo oggi per l’importanza dell’argomento. Insieme alla passione travolgente per questo lavoro, Natale mi trasmise una lezione di vita appresa giorno dopo giorno, a casa, tra lo squillare del telefono e i lamenti della vecchia macchina da scrivere. «Ascolta tutti, figlio mio. Ascolta sempre tutti».

Faccio un salto di decenni per arrivare al febbraio scorso, campagna elettorale per le Regionali. Dalla porta principale dell’Unione Sarda sono passati tutti, invitati e imbucati. Tutti hanno avuto sul giornale, su Videolina, alla radio e sul sito web la possibilità di parlare di programmi e obiettivi, di dire ai sardi perché io sono meglio di lui o di lei per risanare la sanità, i trasporti, le strade, per stare accanto agli agricoltori, agli artigiani, ai sardi che vorrebbero un lavoro. E tutti hanno preso più di un impegno per fermare gli speculatori dell’energia, nella consapevolezza che i decreti Draghi e Meloni sulle rinnovabili avrebbero forse contribuito a salvare il mondo ma certamente a uccidere la Sardegna. Un delitto di Stato che per anni questo giornale, purtroppo facile profeta, ha temuto e cercato di evitare.

Chi a turno ha governato la Sardegna ha fatto poco o troppo poco per approvare un piano energetico con gli attributi. Hanno tutti voltato le spalle al metano (siamo l’unica terra d’Europa a non avere una fornitura diretta): siamo rimasti attaccati alla bombola del gas. E gli impegni presi giusto sei mesi fa da tutti, su questo giornale, sull’energia predatoria, sono diventati una legge che fa solo il solletico a chi ha iniziato a devastare la nostra terra.

Si parla tanto di aree “idonee” a ospitare pale e pannelli. La Regione vada sul solco di una sentenza del Tar e del Consiglio di Stato che, in una disputa con la multinazionale di turno, ribadì (come da delibera della Giunta del 2015) che il 98,8% del territorio sardo è intoccabile. È vero che i decreti di Mario Draghi e Giorgia Meloni hanno asfaltato tutto e tutti, ma la Regione ha lo scudo dello Statuto speciale. Lo tiri fuori e guardi agli interessi dei sardi prima di tutto il resto. Per i pannelli c’è tanto spazio sui tetti delle case, degli edifici pubblici, delle aziende. Non è forse anche questa energia pulita? O lo è solo quella che genera profitti per chi specula?

Domenica 13 marzo 2022 (alla Regione governava il centrodestra, ricordate?) L’Unione si presentò ai suoi lettori con una prima pagina choc: la nostra Isola offesa per terra e per mare da mostri che chiamano “parchi”, eolici e fotovoltaici. In quell’occasione evocai lo spirito di Pratobello, le donne e gli uomini di Orgosolo prima e di mezza Barbagia poi che, senza violenza, si tennero stretti i pascoli. Lo Stato voleva sostituire pecore ed erbai con installazioni militari, ma fu costretto ad arrendersi. Si chiama Pratobello ‘24 il progetto di legge di iniziativa popolare che può fermare lo scempio di oggi, 55 anni dopo. E da Abbasanta a Zerfaliu il fruscio delle firme sui moduli sta diventando un uragano.

Chi sperava in un flop (e non solo tra quanti vogliono speculare con il nostro vento e con il nostro sole) prova a rimettere velocemente la barra dritta, troppo forte il vento. Pratobello insegna: un popolo unito, deciso, civile e che si batte per amore, l’amore per la Sardegna, no, non può essere sconfitto.

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