Chiusa l’inchiesta Monte Nuovo della Direzione distrettuale antimafia di Cagliari condotta dai carabinieri del Ros, che a settembre 2023 aveva portato 13 persone in carcere e 18 agli arresti domiciliari, disarticolando un presunto gruppo criminale del quale facevano parte, tra gli altri,  colletti bianchi e storici esponenti della criminalità barbaricina. Il pubblico ministero Emenuele Secci, nonostante la pronuncia del Tribunale del Riesame che aveva escluso l’associazione mafiosa e quella segreta, ha confermato le due contestazioni più pesanti. 

Ipotizzata l’associazione mafiosa e segreta anche nei confronti del rettore di Sassari e candidato sindaco per il centrodestra Gavino Mariotti, accusato di essere promotore e organizzatore assieme al medico  Tomaso Cocco (primario della terapia del dolore del Binaghi trasferita al Marino), Nicolò Cossu (noto Cioccolato e ritenuto il capobanda), Tonino Crissantu, l’ex assessore regionale all’Agricoltura Gabriella Murgia, Battista Mele, Giovanni Mercurio, Giuseppe Antonio Mesina e Paolo Murgia. 

Il rettore Mariotti, interpellato, fa sapere: «Non ho ancora ricevuto niente. A suo tempo ho consegnato ai carabinieri tutta la documentazione che mi era stata richiesta. Sono senza parole». 

Contestazioni per reati minori restano nei confronti di: Alessandro Arca,  Vincenzo Deidda, Giuseppe Paolo Frongia, Anna Gioi, Raffaele Gioi, Salvatore Gioi, Marco Lai, Tomas Littarru, Antonio Marteddu, Riccardo Mercuriu, Serafino Monni, Marco Muntoni, Antonio Michele Pinna, Paolo Sale, Marco Zanardi, Vito Maurizio Cossu, Andrea Daga, Alessia Deidda, Alice Deidda, Antonio Fadda, Mario Antonio Floris,  Desiderio Mulas,  Alessandro Rocca.

A questi si aggiungono, portando il numero di indagati  a 34, Giorgio Carboni (all’epoca dei fatti direttore sanitario dell’Ats e ora direttore generale della Asl del Medio Campidano) e Massimo Temussi (ex commissario Ats), non destinatario di misura cautelare ma già indagato da settembre: a loro – così come a Tomaso Cocco – la Dda contesta l’’ipotesi di abuso d’ufficio e rivelazione di segreto d’ufficio. 

Secondo i magistrati dell’Antimafia in Sardegna si era costituita una associazione a delinquere di tipo mafioso operante a Cagliari, in Barbagia e nel resto dell’Isola che, avvalendosi della forza dell’intimidazione e della conseguente omertà, avrebbe compiuto una serie di  delitti di peculato, abuso d’ufficio, corruzione di pubblici ufficiali e reati in materia di stupefacenti.

Ad alcuni viene contestato anche di aver aiutato l’ex primula rossa del banditismo sardo, Graziano Mesina, a restare latitante dopo la condanna definita a 30 anni di carcere, risalente al 2020, per droga. 

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