Il boss greco forniva la cocainaalle bande che agivano nell'Isola
I ruoli dei diciannove arrestati nell'operazione “Attila” che ha smantellato tre bande: gestivano il traffico di droga nel Cagliaritano e nell'Oristanese, importandola da Spagna, Belgio e Calabria.Una "cimice" installata dai carabinieri il 25 settembre 2003. La registrazione di un dialogo ha dato il via all'operazione "Attila" con 85 indagati, diciannove di loro da quarantotto ore in carcere. Pietro Piras, quarantenne di San Gavino, riferiva a Francesco Piras, 42 anni di Masullas, il suo viaggio a Genk in Belgio. Una trasferta per ““affari”: aveva consegnato a un greco (poi identificato in Panayotis, 36 anni, indagato), in una villa lussuosa definita «la tipica casa del mafioso», 320 mila euro raccolti tra i trafficanti sardi come acconto per un importante carico di cento chili di cocaina. Il saldo sarebbe dovuto avvenire alla consegna. Ai tempi e al trasporto avrebbe pensato il greco. Parte così un'indagine che andrà avanti per due anni e che ha permesso ai carabinieri di Oristano e al Ros di Cagliari di sgominare tre bande (una operante a Cagliari, una a Marrubiu e una a Terralba) collegate tra loro e con tre canali di approvvigionamento, il Belgio, la Spagna e la Calabria.
IL GRUPPO DI CAGLIARI Si occupavano di tutto. Tenevano i contatti con i clan calabresi e con i trafficanti spagnoli per far arrivare la droga nel mercato cagliaritano. Francesco Setti, 69 anni, originario di Siurgus Donigala ma residente a Pirri, e Massimo Cervone, 41 anni cagliaritano, nell'ordinanza firmata dal gip Roberta Malavasi, vengono definiti come i «capi dell'organizzazione» che gestiva il giro di cocaina e hascisc a Cagliari. Setti “lavorava” su tutto il territorio regionale. Oltre a una fitta ragnatela di rapporti con la parallela organizzazione Oristanese, nel 2007 era finito in cella in un'operazione della Finanza che aveva sgominato una banda che importava la cocaina dal Brasile per farla arrivare, passando per Cagliari, ai vip della Costa Smeralda. Le intercettazioni telefoniche e quelle ambientali (in particolare una “cimice” sistemata nella sua auto) hanno permesso ai carabinieri del Ros di Cagliari di accertare il rapporto costante con Cervone.
LA 'NDRANGHETA Uno dei più importanti canali di approvvigionamento era quello della 'ndrangheta calabrese. «Può acquistare dai duemila ai cinquemila chili di droga alla volta», aveva detto in un'intercettazione ambientale Antonio Nirta (calabrese di 74 anni) durante un viaggio in auto con Roberto Peddoni di Marrubiu, probabilmente diretti a casa di Setti, a Pirri.
IL DEBITO I rapporti sono spesso complicati. E pericolosi. Nel settembre 2004 salta fuori che Setti era arrivato ad avere un debito con il calabrese tra i 35 e i 45 mila euro. Per questo Setti si sarebbe interessato a una rapina, utilizzando un mezzo militare, che avrebbe potuto fruttare 150 mila euro o alla vendita di monete antiche.
EROINA E SPAGNA Il gruppo cagliaritano si occupava di tutto. Anche di eroina. Uno stupefacente in calo, se Setti, intercettato, dice di averne due chili ma ha difficoltà a piazzarli. Per la cocaina uno dei canali preferiti era quello spagnolo. Canale nelle mani di Cervone, grazie ai suoi rapporti con alcuni fornitori. In particolare con Enrique Navarro (43), indagato. Dalle intercettazioni sui numeri telefonici dello spagnolo, i carabinieri del Ros arrivano ad altre tre persone finite in carcere: Andrea Sirigu (28), la compagna Claudia Pani (35) e Riccardo Piredda (38). Anche loro “clienti” di Navarro così come Eugenio Sini di Quartucciu (33). La droga veniva portata da corrieri spagnoli che utilizzavano soprattutto auto e traghetti (per Porto Torres). Tra i referenti c'era anche il cagliaritano Giuseppe Moi (57), ex marito della Pani, mentre Benedetto Pes di Elmas (57) gestiva i trasferimenti di droga con l'Oristanese grazie alla sua conoscenza con la famiglia Peddoni.
IL TRAFFICO Tra le partite di droga importate dalla Spagna, nell'ordinanza vengono ricordate (come accertate) quelle di 44 chili di hascisc trasportate da Sini, diversi chili di cocaina destinati alla coppia Sirigu-Pani, altra coca sempre per Sirigu, due “panettons” (polvere bianca) per Sirigu-Pani e per Piredda, un altro chilo di cocaina (sequestrato) che doveva essere consegnato a Piredda, 14 chili di hascisc intercettati dai carabinieri e destinati ancora una volta a Sirigu e alla Pani.
IL GRUPPO DI MARRUBIU A Marrubiu uno dei presunti “boss” era Pietro Piras. Suoi collaboratori stretti, secondo l'ordinanza, erano il fratello Francesco (43 anni), gli altri compaesani Tiziano Pascalis (29), Giuliano Accalai (59) e Francesco Piccioni (29), l'oristanese Luciano Demontis (35) e il cagliaritano Rodolfo Dessì (47). Secondo l'accusa a loro volta recuperavano la droga, la custodivano e la distribuivano, così come Giovanni D'Avino (43), anche lui di Marrubiu, collaboratore definito «non sempre affidabile, perché non sempre solvente» e «troppo sommario nella gestione della cocaina che sperperava per il proprio consumo e per quello degli amici». La droga, secondo il gip, veniva custodita nel capannone di Francesco Piras e nel bar di Piero Piras, entrambi di Marrubiu.
IL GRUPPO DI TERRALBA Sempre tramite il greco Panayotis si è arrivati anche al gruppo di Terralba. Filone di indagine condotta, su delega del pm Paolo De Angelis, dal Ros di Cagliari. A capo dell'organizzazione, che si riforniva anche da Carbonia, Musei e Villacidro, ci sarebbe stato Roberto Peddoni di Terralba (51) in collaborazione con il figlio Gianluca (28). Ancora una volta le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno permesso di risalire al collegamento con il gruppo di trafficanti cagliaritani di Setti, affidato più volte a Benedetto Pes.
MATTEO VERCELLI