Diciamo subito grazie ai tanti sardi che, sul fronte dell'acqua e del fango, si stanno battendo per la nostra sicurezza. E ora alzi la mano chi, in questi giorni, non abbia pensato che, con tutta questa pioggia, la smetteranno, finalmente, i signori dell'acqua, di parlare di siccità.

Sì, certo, forse è un pensiero che parte dalla pancia, ci sta. Ma la testa ci impone di vedere che non dappertutto è piovuto allo stesso modo. E poi non tutta l'acqua che il cielo manda giù finisce nei trenta invasi del sistema idrico della Sardegna.

Sappiamo che la Regione ha progettato opere strategiche per catturare di più e meglio tutto questo ben di Dio ma, pur consapevoli di scivolare nel banale, ancora una volta possiamo scrivere che si è arrivati in ritardo. Chiamatela, se volete, burocrazia. O, se preferite, il cancro della pubblica amministrazione.

Da Bruxelles a Cagliari passando per Roma, sia chiaro: le responsabilità vanno spalmate. È tutta romana, per esempio, la materia grigia che, una vita fa, ispirò le regole per i collaudi delle dighe. Complesso descriverle qui.

Ma, giusto per capire, il grande sbarramento sul Tirso, inaugurato nel 1997, è nato per contenere 700 milioni di metri cubi. Il livello autorizzato si ferma alla metà. E ogni metro cubo in più (centinaia al secondo) finisce in mare. Ecco perché non ci illudiamo. E nonostante la pioggia di inizio maggio, mai così abbondante, presto torneranno a parlarci di restrizioni.
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