Graziano Mesina rifiuta le cure ed ogni accertamento diagnostico, quindi «non è possibile arrivare a una diagnosi certa sulle sue condizioni di salute».

Lo scrive il Tribunale di Sorveglianza di Milano in un provvedimento con cui ha deciso che non si può concedere all’ex bandito del Supramonte, recluso nel carcere di Opera, il differimento della pena con detenzione ai domiciliari.

Ed è proprio l’opposizione dell’ex primula rossa a cure e diagnosi a non consentire il differimento della pena, si legge nel provvedimento.

Mesina, 80 anni, detenuto dallo scorso giugno nel carcere milanese si pone «in maniera oppositiva» di fronte alle cure e ai tentativi da parte del personale medico, a cui non offre alcuna collaborazione, di arrivare a una diagnosi certa.

Le sue condizioni, per quanto è possibile accertare, vengono valutate come «apparentemente discrete». In sostanza, poiché non si può approfondire il quadro diagnostico di fronte al rifiuto del detenuto, non si può concedere il differimento della pena, scrivono i giudici in un procedimento aperto d’ufficio e senza un’istanza difensiva.

Un principio, quello espresso dai magistrati, simile e in linea con quello che nei giorni scorsi ha portato la Sorveglianza milanese a respingere la richiesta di differimento pena con detenzione domiciliare avanzata dall'anarchico Alfredo Cospito.

Mesina, ex esponente del banditismo sardo, evaso più volte (l'ultima nel 2020) e con fine pena prevista nel dicembre 2045, stando agli atti, ha deciso di «autodimettersi» dalle cure ai primi di dicembre scorso. Per lui, tra l'altro, nei giorni scorsi il Tribunale di Sorveglianza di Sassari (prima era detenuto in Sardegna) ha rigettato l'istanza di detenzione domiciliare per motivi di salute avanzata dalla sua difesa, secondo la quale l'ex latitante sta male a causa dell'avanzare dell'età e della vita troppo sedentaria.

(Unioneonline/L)

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