Giovanna e la battaglia contro la sclerosi multipla: «Suicidio assistito? Aiutatemi a vivere»
«Così fatico ad andare avanti, ma non voglio arrendermi. Si investa di più in ricerca e assistenza ai malati»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Non riesco più a vivere così, ma non voglio pensare che il suicidio assistito sia l’unica soluzione». È il drammatico sfogo di Giovanna Secchi, 61enne originaria di Sennori ma da tempo residente a Ferrara dove si è trasferita per seguire nel lavoro il marito Riccardo. Per lei, quattro anni fa, una diagnosi di sclerosi multipla cui non ha voluto rassegnarsi, ma che l’ha costretta a una vita sempre più difficile. E per cui ora ha voluto lanciare un segnale forte, con una raccolta firme su change.org che che ha già raggiunto quasi duemila adesioni alla voce “Facciamo di più contro la sclerosi multipla”, un invito a investire nella ricerca ma anche nel supporto alle persone che ogni giorno combattono contro la malattia.
«Quando nel 2021 ricevetti per la prima volta la diagnosi di sclerosi multipla – spiega Giovanna – la neurologa mi rassicurò: non dovevo pensarmi condannata alla sedia a rotelle, perché ormai esistevano terapie in grado di arrestare la progressione della malattia». «Mi parlò di una qualità della vita “quasi normale” – prosegue – e quando riferii tale affermazione al mio medico di famiglia, lui fu ancor più ottimista: “Tolga pure il ‘quasi’, signora!”».
Purtroppo, però, non è andata così: la malattia, diagnosticata in ritardo, è presto evoluta nella forma progressiva. «Malgrado la terapia farmacologica e la fisioterapia tre volte a settimana (a pagamento) – spiega ancora Giovanna – mi ritrovo a trascorrere gran parte della mia vita nel letto, passando talvolta sulla sedia a rotelle con l’aiuto di due persone. Vi lascio poi immaginare le condizioni psicologiche di una persona che già prima soffriva di grave disturbo bipolare dell’umore, a cui il destino ha riservato quest’altra “mazzata”. Per non parlare dei dolori; ormai ho rinunciato a capire in che misura sono dovuti alla sclerosi, all’artrosi, alla sciatalgia o alla permanenza a letto. E mi fa ancor più soffrire il vedere come anche mio marito si stia sacrificando per assistermi, per farmi da caregiver; come anche il pensare che probabilmente non rivedrò più mia madre, in quanto non sono più in condizioni di recarmi in Sardegna e lei, per ragioni d’età, non ce la fa a venire da me».
Quindi la decisione di avviare la raccolta firme e portare la sua testimonianza «per incitare la comunità scientifica e tutta la società a fare ogni sforzo possibile per trovare davvero una cura, e porre termine alla sofferenza mia e di tutti i malati di sclerosi multipla». Anche in termini di assistenza alle famiglie colpite.
«Come è possibile che si parli sempre più spesso di tagliare i fondi alla ricerca e non di investire di più? – la conclusione – Penso sia necessario un grande sforzo collettivo».