Giovani chiusi in camera e senza vita sociale: anche in Sardegna è allarme Hikikomori
Convegno a Cagliari per discutere dei “ragazzi invisibili”. In Italia sarebbero oltre 300mila(Ansa)
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Anche in Sardegna è in continua crescita il fenomeno degli Hikikomori, termine giapponese per indicare i ragazzi che scelgono di restare “invisibili”, rinunciando alla vita sociale, al contatto con coetanei, al lavoro, all’attività sportiva e alle relazioni interpersonali per starsene chiusi in casa, spesso e volentieri rintanati in camera.
In Italia si contano 70.000 casi accertati, ma secondo le stime sarebbe oltre 300mila i ragazzi che scelgono l’autoisolamento.
La Sardegna, come detto, non fa eccezione e l’aumento nei casi nell’Isola è stato al centro di un convegno svoltosi nell’Aula del Consiglio regionale, che ha visto la partecipazione di esperti, operatori, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della scuola e delle professioni, del volontariato e delle associazioni, ma soprattutto di studenti e studentesse di alcuni istituti superiori che, con i loro contributi, hanno portato la testimonianza di un impegno concreto a supporto dei coetanei che hanno scelto di rifiutare ogni interazione sociale.
I lavori sono stati aperti dal presidente del Consiglio, Piero Comandini, che ha confermato la necessità di «mettere in campo più efficaci politiche di sostegno per i giovani» e di una «urgente presa di coscienza del fenomeno, insieme con la creazione di una autentica “rete” per garantire i necessari interventi ai soggetti interessati e alle famiglie».
Al meeting ha presoo parte anche Walter Veltroni, politico, giornalista e scrittore: «Forse abbiamo archiviato le esperienze del Covid in maniera un po’ troppo frettolosa – ha affermato Veltroni – evitando di approfondire le conseguenze del lockdown, soprattutto in riferimento al riprogettare forzatamente i nostri ragazzi all’interno delle case e delle famiglie, nell’età in cui invece si trovano gli spazi dell’autonomia e delle nuove relazioni umane e affettive».
L’impegno della scuola è emerso nelle parole del direttore dell’Ufficio scolastico regionale, Francesco Feliziani, che ha evidenziato, tra l’altro, il ruolo svolto dalla Regione Sardegna per garantire nelle scuole dell’Isola la fondamentale figura dello psicologo.
I compiti, l’operatività e le finalità dell’Associazione Nazionale Hikikomori Italia sono stati illustrati dal presidente e fondatore, Marco Crepaldi che – nel ricordare le attività dell’organizzazione, impegnata a contrastare l’isolamento sociale volontario e le problematiche potenzialmente connesse – ha evidenziato la centralità della famiglia, e in particolare dei genitori, nelle dinamiche non sempre positive che si innescano in danno dei ragazzi: «Serve – ha sottolineato - un corretto approccio al tema, che non riguarda il singolo, ma può essere definito un fenomeno sociale».
Le esperienze dei genitori sono emerse nel corso dell’intervento di Elena Carolei, presidente dell’Associazione Nazionale Genitori Hikikomori, che ha sottolineato l’importanza del contesto scolastico, soprattutto per quanto riguarda il dialogo e il confronto, sia tra coetanei sia tra questi e i docenti.
La referente sarda dell’associazione, Laura Caddeo, ha invece insistito sulla necessità di affrontare un fenomeno così complesso «come comunità educante nella sua interezza e non individualmente», per riuscire a «garantire a tutti i ragazzi l’irrinunciabile diritto all’istruzione».
Concetti non lontani da quelli espressi dal presidente dell’Ordine degli Psicologi della Sardegna, Tullio Garau, che ha confermato le positive relazioni con le associazioni e tutti i soggetti interessati al fenomeno, auspicando il varo di una legge per assicurare la presenza di psicologi in tutti gli istituti scolastici dell’Isola.
Coinvolti, come detto, anche gli studenti – quelli dell’Istituto comprensivo di Uta, del liceo Dettori, del liceo artistico De Andrè di Olbia e dell’Istituto comprensivo di Settimo San Pietro - che hanno realizzato cortometraggi e illustrazioni.
La garante regionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, Carla Puligheddu, nel suo intervento ha riconosciuto un ruolo di primo piano alla scuola e ha posto dubbi sulla correttezza dei messaggi «che la società contemporanea lancia ai nostri giovani», soprattutto per ciò che riguarda una visione della vita rivolta «al successo, al profitto, al potere, all’egoismo». «Così – ha spiegato Puligheddu – anche chiudersi in una camera diventa una via di fuga; e, per coloro che stanno fuori dalla porta, la ricerca di una via di fuga può trasformarsi in ansia, depressione, autolesionismo, finanche suicidio».
Anche l’assessora regionale alla Pubblica Istruzione, Ilaria Portas, ha espresso «preoccupazione» per il crescente fenomeno Hikikomori, ponendo l’accento sulla «necessità di investire nella formazione degli insegnanti e nel favorire maggiore consapevolezza all’interno delle comunità».
