Sul carro dei “Giganti”, quelli di Mont ‘e Prama, nelle dolci colline straordinariamente archeologiche del Sinis, ora ci salgono un pò tutti. Dai Ministri di turno ai soprintendenti di Stato, da modeste “mosche cocchiere” a improbabili promoter del Museo che non c’è. In molti, in nome e per conto dei Giganti, sono persino pronti a varcare i confini di mezzo mondo per consumare soldi pubblici a gogò. Il tentativo, molto spesso maldestro, è quello di rivendicare primati e meriti, il più delle volte indebiti e infondati.

Giganti & nani

In questa storia, unica e affascinante, rivoluzionaria e per molti versi da sempre avversata, c’è un unico primato, quello di una civiltà, quella sarda, che, per prima nel Mediterraneo, ha scolpito, idealmente e materialmente, un esempio unico di statuaria nuragica gigante, carica di simbolismi, come nessun altro aveva osato fare prima. Narrazione misteriosa, imponente ed esclusiva. Guerrieri, Pugilatori, Arcieri, tutti simboli impressi in quella pietra prima scolpita, poi divelta e, infine, sotterrata dai millenni. Di questa storia si può narrare quella passata e gloriosa, impressa in un ideale album di famiglia di tremila anni fa, e, poi, c’è quella più recente, fatta di annunci, di soldi promessi e mai spesi, di scavi gestiti a colpi di ruspa e di appalti a trattativa privata. L’ultimo “ingorgo” comunicazionale è quello del 7 maggio scorso.

“Nuntio vobis”

La pletora di comunicati esilaranti con tanto di annuncio stile “nuntio vobis gaudium magnum” ha rischiato di intasare le caselle elettroniche delle agenzie di stampa. La sfida è stata combattuta a suon di secondi. La missione era quella di rivendicare l’ennesima scoperta di due resti di “Giganti” nella collina inerpicata tra Mari Ermi e lo Stagno di Cabras. Sul tempo ha vinto, senza gara, il Ministro di Stato, quello ai Beni culturali, Dario Franceschini. Figuriamoci se il numero uno del “Dicastero di Pompei e del Colosseo” poteva farsi sfuggire l’occasione per incensare come “eccezionale” la nuova scoperta in terra sarda. Del resto i signori della Soprintendenza si sono guardati bene dal limitarsi ad un annuncio squisitamente “tecnico” del rinvenimento. Come si conviene al nuovo “regime archeologico politico” hanno ceduto al Ministro, come i sudditi all’imperatore di Roma, l’onore della notizia. La caterva di commenti a seguire è stata un fiume in piena, una marea di rivendicazioni, con tanto di esaltazione collettiva degna della conquista, almeno sui social, della serie A. In questa cronaca recente, piccola e minuta al cospetto della grandezza della storia, quella vera, si snocciolano prima gli annunci e, poi, però, si devono scandire le prove inconfutabili dei fatti. Una storia, quella che va oltre gli annunci, che nessuno dei signori dei Palazzi vorrebbe che si raccontasse. L’ennesima testa di Gigante, appena riemersa dalle terre del Sinis, rivolta al cielo come un nuovo trofeo ministeriale, stride, e non poco, con l’incedere di quel cantiere, di una “Pompei sarda” tanto declamata da Roma e da Cagliari, quanto violata e offesa a Cabras. Tra la città affondata nella lava del Vesuvio e quella adagiata sulle rive del Sinis non ci sono “solo” mille anni di differenza, ovviamente a favore del sito archeologico della terra dei Nuraghi, ma anche una valanga di denari assegnati al sito campano, al cospetto di miserie ed elemosine di Stato per la collina dei Giganti. Quando arrivi a Mont ‘e Prama, tra vigneti e carciofeti, un “cazzotto di realtà” in pieno volto ti riporta allo tsunami di proclami che nemmeno un mese fa ha inondato i media di mezzo mondo. Ti aspetti un brulicare di archeologi, di ricercatori, di cartelli esplicativi, di indicazioni su quella collina miracolosa, dove ogni volta che scavi trovi qualcosa. Invece, niente. Il cancello d’ingresso è blindato. Un lucchetto industriale è il simbolo più eloquente di questo lembo di terra promessa, vietata, sedotta e abbandonata. L’unico segno di presenza è un cartello, mesto come una cambiale, appeso come un epitaffio provvisorio su una rete ovoidale, stile pollaio. I caratteri sono grandi come quelli di un necrologio. Il contenuto è illeggibile, come se la decodifica di quel che c’è scritto dovesse restare sepolta per sempre, come i Giganti impunemente racchiusi sotto il vigneto impiantato senza pudore sul lato destro dell’ingresso del sacrario di Mont ‘e Prama. L’annuncio questa volta ha i santi crismi della burocrazia. C’è un numero di Cup, quello che fa risalire il cantiere ad uno stanziamento di Stato. Poi ci sono più nomi di responsabili di cantiere di quanti Giganti siano stati sinora ritrovati. Il cartello non ne dimentica nemmeno uno: progettisti, collaboratori alla progettazione, direttore dei lavori, direzione scientifica, direttori operativi, responsabile della sicurezza, sino al direttore tecnico dell’impresa. Uno legge tanti nomi e si immagina un cantiere infinito, una campagna di scavi decennale, un piano “Marshall” dell’archeologia, auspicabile vista l’imponenza e l’importanza del sito. Tutti ne proclamano il primato, poi, però, l’occhio cade su cifre e date per un cantiere che a parole tutti vendono come fosse Pompei, ma che, in realtà, gode delle attenzioni pari a quelle di un modesto cortile di periferia. E la "damnatio memoriae”, la condanna della memoria, riaffiora pesante alle soglie della ventiduesima estate del terzo millennio nelle colline dei “Kolossos”. Il documento che pubblichiamo è la fotografia esatta di quanto accade in quel quadrilatero della Confraternita del Rosario di Cabras. L’appalto, di fatto una trattativa diretta, con la specifica dell’urgenza, viene affidato, per l’ennesima volta, ad un’impresa che per scavare a Mont ‘e Prama arriva nientemeno che da Castiglione Cosentino, Calabria. Delle tre imprese invitate a questa sorta di gara, due sono sarde. Una, quella di Cagliari, non partecipa, l’altra, quella di Seulo, perde. Vince Il signor Mariano Mirabelli da Cosenza, con tanto di ribasso del 25,77%. Non solo arriva dal tacco dello Stivale, ma agli oneri di trasferta aggiunge persino uno “sconto” di un quarto del valore del capitolato d’appalto. Uno, a quel punto, si immagina che la cifra ne valga la pena. Nemmeno per sogno. La nuova campagna di scavi, quella propagandata dal ministero come una nuova missione sullo spazio, vale appena 43.500 euro. Una miseria, un’elemosina di Stato, al cospetto dell’ultimo annuncio fatto dal Governo per Pompei: appalto di nuovi scavi per la bellezza di 157 milioni, sì, milioni, di euro. Per spendere questo “emergenziale” stanziamento per Mont ‘e Prama il carrozzone ministeriale ha impegnato la bellezza di quasi un anno: l’impegno di spesa per il lavoro da eseguire, “a colpo sicuro”, dove tutti sapevano che per scoprire nuovi reperti c’era soltanto da scavare, è stato approvato il 7 luglio del 2021. Per affidare i lavori si è dovuto attendere il 22 marzo scorso. Sei giorni fa, il 31 maggio, sempre secondo il cartello usa e getta affisso all’ingresso del cantiere, i lavori risulterebbero finiti. In realtà, ancora ieri, con il cancello sbarrato e l’area deserta, risultavano sempre distesi i teli bianchi e celesti sugli ultimi ritrovamenti.

Scavi “annunciati”

L’area circoscritta del nuovo scavo, meno di 50 metri quadri, per la prima volta fuoriesce da quel recinto sul quale per anni si è assistito a scavi avvincenti e a scontri frontali tra le Università di Sassari e Cagliari e il ministero per la governance del sito. Ci sono stati gli archeologi delle Università, poi cacciati, per far spazio alle cooperative emiliane prima e alle imprese calabresi dopo. Si è passati da cazzuola e pennello alle ruspe che rovistavano tra i reperti. Un dato è certo: tutti sapevano che lì, in quell’area, non solo c’erano quei reperti, ma, secondo i dati del georadar utilizzato per la prima volta nel 2014 dal professor Gaetano Ranieri e dall’archeologo Momo Zucca, in quel sito c’è molto di più. Scavi, dunque, “a colpo sicuro”, perfettamente in asse geometrico, tra l’altro, con le scoperte degli anni settanta fatte da Giovanni Lilliu e Alessandro Bedini. Reperti disseminati ovunque, anche sotto le vigne. Questa, però, è un’altra storia, di espropri e affari.

(1.continua)

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