Il coltello puntato alla bocca. La reazione a un presunto comportamento minaccioso. Poi, attraverso il padre, il tentativo di enfatizzare una difesa più o meno legittima. Non convincono gli inquirenti le dichiarazioni di Emanuele Ragnedda sul perché, la notte dell’11 settembre, abbia esploso tre colpi di pistola contro Cinzia Pinna, uccidendola all’interno del suo casolare a Conca Entosa, nelle campagne tra Arzachena e Palau

Le versioni fornite in sede di interrogatorio, e non solo, non trovano riscontro nei risultati dei rilievi effettuati sul luogo del delitto e, soprattutto, in quelli dell’autopsia effettuata sul corpo della vittima. 

Gli esami hanno rivelato che i proiettili, tutti, hanno raggiunto Cinzia Pinna al volto, con una precisione che sarebbe incompatibile con uno scenario di concitazione. L’ipotesi, ancora da verificare, sarebbe che la donna di Castelsardo fosse ferma mentre veniva uccisa. Anche per questo verranno effettuati ulteriori sopralluoghi. 

Per questa settima è fissato anche un altro appuntamento che potrebbe fornire elementi utili alla ricostruzione del delitto e di ciò che è successo nelle ore e nei giorni successivi: è stato fissato l’interrogatorio di Luca Franciosi, il ventiseienne lombardo chiamato in causa da Ragnedda con complice nell’occultamento del corpo e degli effetti personali di Cinzia Pinna. Il giovane è accusato di favoreggiamento, assieme a Rosa Maria Elvo, amica di Ragnedda, e da tempo chiede di essere sentito dagli inquirenti.  

   

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