Dopo la prima tornata di sopralluoghi a Conca Entosa, gli accertamenti del Ris sembrano avere rimesso in discussione alcuni punti fermi dell’indagine sull’omicidio di Cinzia Pinna. Emanuele Ragnedda potrebbe non avere raccontato tutto sul delitto: il contenuto degli interrogatori davanti ai magistrati (la confessione in due tappe) non sarebbe integralmente compatibile con quanto sta emergendo dai sopralluoghi degli specialisti dell’Arma.

Ragnedda ha raccontato ai magistrati di avere trascinato il corpo della vittima dalla casa all’esterno, sino all’escavatore usato per portare il cadavere in aperta campagna. Ma non sarebbero stati trovati i segni del trascinamento. Ragnedda sul punto è stato preciso: «Ho fatto tutto da solo. Trascinando il corpo, ho tirato i pantaloni che si sono sfilati». 

Ma sembrerebbe, piuttosto, che l’uomo sia stato aiutato a portare via il cadavere, di peso, sollevandolo. Quindi una persona potrebbe essere arrivata nella casa di Ragnedda per aiutarlo, quando ancora il corpo della vittima era nella stanza dove l’uomo ha sparato. 

Lunedì, stando agli sviluppi delle ultime ore, gli specialisti del Ris saranno di nuovo nello stazzo a metà strada tra Palau e Arzachena. La prossima settimana è fondamentale per le indagini condotte dalla pm Noemi Mancini e dal procuratore Gregorio Capasso. Sarà infatti interrogato, come aveva chiesto, il giovane milanese, Luca Franciosi, indagato per favoreggiamento insieme a Rosa Maria Elvo, amica di Ragnedda. Franciosi, difeso dagli avvocati Maurizio e Nicoletta Mani, sostiene di avere un alibi che escluderebbe la sua presenza a Conca Entosa dopo il delitto. 

Sempre la prossima settimana, il Tribunale del Riesame di Sassari si occuperà del ricorso presentato dal difensore di Ragnedda, l’avvocato Luca Montella, contro la misura del carcere disposta dalla gip, Marcella Pinna.

Il legale  potrebbe chiedere il trasferimento del suo assistito in un penitenziario con un centro clinico interno. 

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