Più che un simbolo del passato, negli anni, è diventata una profezia per il futuro. I fanali a petrolio sono spenti da tempo, il comignolo della caldaia ha smesso di sbuffare carbone alle soglie di cinquant’anni fa. Il “nerorosso” d’antica foggia si staglia all’ingresso della stazione capoluogo, quella di Cagliari, come un cimelio premonitore. In terra di Sardegna le locomotive 744, classe 1929, fabbricazione Breda-Ansaldo, sbarcano sui binari sardi solo dopo averle dismesse dal resto d’Italia. Le avevano costruite per trasportare arance nella Sicilia agrumicola e scorrazzare da sud verso nord nella Ferrovia Tirrenica Meridionale.

Gli scarti

Quando nel 1964 arrivarono nell’estrema Isola di Sardegna avevano già macinato una valanga di ferro e polvere, bruciato carbone a volontà e divorato chilometri infiniti. Ci resteranno dieci anni, sino al 12 giugno del 1974. Verranno dismesse con tanto di promesse di efficienza, binari e treni veloci per il futuro delle strade ferrate sarde. Per gli scaramantici, passare da simbolo della profezia alla maledizione del futuro, è un passo breve, quasi contiguo.

Non è malasorte

In realtà, però, dovranno ricredersi anche i manipolatori di amuleti. Quella delle ferrovie sarde è una storia che niente c’entra con la malasorte. La sequenza dei fatti racconta ben altro. È una storia di millanterie, promesse a buon mercato, annunci in pompa magna, treni spacciati per veloci che rasentano il primato dei più lenti, milioni, centinaia di milioni di lire e di euro, dilapidati con acquisti incauti e prosopopea da novelli ferrovieri. Nella storia recente è cambiato poco o niente: i binari della Sardegna sono quasi sempre gli stessi, pieni di curve e salite, rettifili da secolo scorso. Qualche decina di chilometri di doppio binario e una galleria importante a Bonorva, realizzate nei primi anni duemila, poi niente più. Eppure, il tema della velocizzazione della rete sarda, non è questione di oggi.

Alba e tramonto

È appena finita l’estate del 2002 quando la Sardegna impone nell’agenda del Governo italiano la velocizzazione della rete ferroviaria sarda. La delibera Cipe è la numero 85 del 29 settembre e recita: «avvio immediato dello studio di fattibilità di ulteriori 7 interventi nel Mezzogiorno», tra i quali è ricompresa «la velocizzazione della S.Gavino – Sassari – Olbia». I tempi imposti dal Comitato per la Programmazione Economica sono strettissimi: «la delibera dispone una prima informativa sull’avanzamento dei suddetti studi di fattibilità entro il primo trimestre 2003, al fine di avviare la riprogrammazione degli interventi ricadenti nel Contratto di programma 2001-2005 sulla base dei risultati degli studi di fattibilità medesimi». Il passaggio chiave è il 23 gennaio del 2003. Il tavolo tecnico tra Regione Autonoma della Sardegna e Ferrovie dello Stato spa segna il via libera agli interventi di ammodernamento e velocizzazione della linea ferroviaria sarda. Una sorta di piano strategico per rivoluzionare gran parte del tracciato, dal centro al nord dell’Isola, con rettifili che segnassero in maniera definitiva l’inversione di rotta, da lenta a veloce. La rivoluzione ferroviaria, però, si schianta poco dopo. Nel 2004 la Regione cambia radicalmente strategia, niente nuove opere, ma treni veloci. I novelli “ferrovieri” di viale Trento si convincono che basterà andare in Spagna, dalla Caf, comprare qualche treno, spacciato per “supersonico”, e risolvere l’atavica lentezza della rete sarda. Ovviamente finisce in pantomima. Quei treni, spagnoli, arriveranno dopo anni e anni di fallimentari collaudi nei paesi dell’est. Il risultato è devastante. È un miracolo che non ci abbia ancora messo mano la Corte dei Conti: li hanno pagati a caro prezzo perché dovevano avere la cassa “oscillante”, meccanismo per mantenere costante la velocità anche nelle curve. In realtà, in terra sarda, non hanno mai oscillato: i collaudatori per ragioni di sicurezza e stabilità hanno imposto il blocco delle casse, niente oscillazioni. Una figuraccia planetaria. Per cercare di farli sparire finiscono nel calderone dei treni di Stato, le Ferrovie li prendono in carico, scompare la livrea bianco rossa e vengono trasformati in locomotive e vagoni di foggia statale. Sino al 16 maggio del 2022. Il comunicato stampa di statale memoria non usa i binari per raggiungere le redazioni. È fulmineo: pronta per la Sardegna una valanga di denari per velocizzare la rete ferroviaria. L’arco temporale indicato per tentare di far passare la notizia come credibile è in salita: 2022-2031. La previsione di spesa annunciata in pompa magna è di un miliardo e 400 milioni di euro. Nessuna indicazione su opere e tempistiche. Viene indicata solo la missione: passare da 3 ore a 2 ore e 30 minuti per la tratta Cagliari – Sassari, da tre ore e trenta a due ore e 50 minuti per la tratta tra il capoluogo e Olbia. A dieci anni dalla delibera Cipe ancora impegni senza riscontro. Quella nota stampa diventa, però, core business di campagne elettorali, proclami per ogni piede ministeriale posato in terra sarda, ma la realtà è ben altra.

Verità pesanti

Gli atti ufficiali raccontano l’ennesimo inganno da binario morto. Quelle cifre millantate in mille occasioni non esistono. I piani per la velocizzazione sono stati tutti rinviati a data da destinarsi, visto che nel quinquennio in corso risultano disponibili appena 3,2 milioni di euro dei 666,80 necessari. Dal contratto di programma tra il Ministero dei Trasporti e Rete Ferroviaria Italiana emerge un dato emblematico: per la velocizzazione della tratta S.Gavino – Sassari – Olbia le somme sono riportate nella sezione 3, quella delle calende greche. La voce recita: «fabbisogno per il 2° quinquennio 2027-2031 - 663,60 milioni». Dunque, non stanziamento, ma «fabbisogno», allocato in un periodo ipotetico tra il 2027 e il 2031. Dalla delibera Cipe del 2002 al fantomatico 2031, senza certezza di finanziamento, saranno passati quasi trenta anni. Delle cinque varianti previste nel 2002, «Macomer I e II», «Bonorva-Torralba» e «Campomela – Sassari», risulta affidata solo quella di «Bauladu» con un impegno di spesa di 82 milioni di euro rispetto ai 126 preannunciati.

Ultimi cronici

Non è finita. Nello stesso piano di investimenti sono riportate le classifiche di infrastrutturazione ferroviaria: la Sardegna è ultima. Un distacco abissale da tutte le altre regioni. C’è una differenza ulteriore: alla Sicilia, nel quinquennio in corso 2022-2026, hanno “donato” ben 3.665 milioni di euro. Per la velocizzazione dei binari sardi, invece, se ne riparla, forse, nel 2031. Per la terra dei Nuraghi, è certo, non è questione di malasorte.

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