Non sarà un processo come tanti altri. L’accusa è pesante: aver sotterrato nei terreni della Planargia una montagna di rifiuti, ben 7.000 tonnellate di fanghi fognari provenienti dalla Puglia e miscelati con cemento e non solo. Sotto giudizio è finito Leonardo Galleri, amministratore unico di una società, la Geco, che per un anno intero, dal luglio 2019 al luglio 2020 ha trasformato Magomadas, il piccolo paesino sulla costa occidentale dell’Isola, in un inferno di miasmi devastanti.

Inferno fognario

In un attimo il ridente centro dell’alto oristanese era stato trasformato nel crocevia di un imponente traffico di camion stracarichi di putridi rifiuti fognari spediti in Sardegna dalla lontana regione pugliese. Un giro d’affari milionario, per rifiuti fognari che in Puglia erano stati vietati con tanto di provvedimenti giudiziari che avevano chiuso ogni possibile ipotesi di smaltimento in quella Regione. Un intreccio di società e intermediari, tutti lautamente ricompensati dall’Acquedotto Pugliese, la società che gestiva i depuratori delle principali realtà urbane, comprese quelle intorno all’area più inquinata, quella dell’Ilva di Taranto. Il Pubblico Ministero Marco De Crescenzo, dopo aver studiato il caso, aveva detto stop: sequestro, ancora in vigore, di quell’impianto dove la Geco voleva trasformare, come per magia, quei residui fognari in profumato ben di Dio. Gli è andata male. Il Giudice inquirente con tanto di capi d’imputazione pesantissimi spedisce l’amministratore della società a giudizio: la Geco smaltiva illecitamente quei fanghi fognari da considerarsi a tutti gli effetti rifiuti provocando nei paesi dell’area «molestie e fastidi» e in alcuni casi «anche problemi di salute». Oggi, al quinto mezzo piano del Tribunale di Oristano, seconda udienza, con tanto di Camera di Consiglio, per affrontare due questioni preventive e dirimenti: l’ammissione delle parti civili che si sono costituite contro quello scempio ambientale e il sogno della Geco di chiudere tutta la partita con una multa, una sorta di oblazione ipotizzata dalla legge per reati minori. Sul primo punto il Giudice, Paola Bussu, ascolta a porte chiuse le parti, compresa la sfacciata richiesta della Geco di escludere tutte le parti civili che avevano chiesto di costituirsi, compreso il Comune di Magomadas. Richiesta irricevibile, ma che lascia comprendere l’atteggiamento della società verso cittadini e associazioni: nemmeno il diritto-dovere di dissentire. La richiesta di escludere i comitati si infrange nel verdetto del Giudice: tutti ammessi, tranne l’Adiconsum per un vizio di forma. Nel procedimento giudiziario entrano, dunque, a pieno titolo il Comitato per l’Ambiente Planargia che aveva guidato la rivolta dei cittadini, Italia Nostra, il Gruppo di Intervento Giuridico, i Comuni di Magomadas, Tresnuraghes, Flussio e Tinnura. Un colpo durissimo per la Geco che pensava di far fuori tutti senza confronto. Anche la seconda questione, tutta processuale, sempre posta dalla Geco, non si è conclusa come auspicavano i legali della società dedita all’accoglienza in terra sarda dei fanghi fognari della Puglia. La pretesa della società era chiara: risolvere tutto con una richiesta di oblazione, una multa che solitamente si riserva a chi lancia un sacchetto di immondezza dalla macchina. I signori dei fanghi fognari non si accontentavano, però, di pagare una multa, ma chiedevano al Giudice anche il dissequestro degli impianti e delle aree ancora sottosequestro. Anche in questo caso non gli è andata bene: sia il Pm che il Giudice hanno fatto comprendere che il “pacchetto” proposto dalla Geco, oblazione e dissequestro, non esiste nell’ordinamento.

Precedente pericoloso

In questo caso, invece, come hanno ricordato i legali delle parti civili, si tratta di ben altro, visto il danno reiterato per oltre un anno denunciato dai cittadini e riscontrato nella rilevante gravità dei fatti, comprese le immense quantità di rifiuti sotterrati accertate dai consulenti tecnici del Pubblico Ministero. Un’oblazione, lo hanno ribadito i comitati e le associazioni, come chiede la società, significherebbe una licenza per chiunque a fare altrettanto. Un precedente devastante per la terra “profumata” della Sardegna. Il 18 dicembre prossimo nuova udienza. A quel punto il processo potrebbe entrare nel vivo. In gioco c’è il rischio di una licenza illimitata per sotterrare fanghi fognari tra le vigne della Planargia e non solo. Un disastro ambientale preannunciato per l’Isola.

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