In ballo c’è il futuro della Sardegna, il suo paesaggio, unico ed esclusivo, la sua identità fondata su “pilastri” nuragici e “genio” naturale. Eppure si continua a giocare su mezze parole, su significati labili ed equivoci, su norme costruite ad arte per ingannare l’immaginario collettivo e infliggere all’Isola una condanna senza appello. La logica è consolidata: perdere tempo, con l’obiettivo di lasciare campo libero ai peggiori speculatori in terra di Nuraghi.

Propaganda al vento

In un attimo si è passati dagli slogan del “fermiamo la speculazione”, ad una “finta” moratoria che non ferma niente, per arrivare ai giorni nostri con la formula-inganno della delimitazione delle «aree idonee». In sostanza, nessun divieto, ovunque, in Sardegna, si potranno devastare terre agricole e assaltare paesaggi incantati. In quelle che vengono definite “aree idonee” le procedure per ottenere autorizzazioni eoliche o fotovoltaiche saranno rapide e urgenti, “tempi dimezzati”, scrivono le norme. In tutte le altre aree, invece, definite “non idonee”, non esisterà, comunque, nessun divieto, ma semplicemente procedure ordinarie senza riduzione delle tempistiche procedurali.

Cavallo di Troia

C’è chi spaccia la definizione delle “aree idonee” come una conquista, in realtà si tratta di un vero e proprio “cavallo di Troia”, un paravento capace di coprire un’incursione senza appello nel paesaggio dell’Isola. Lo stato dell’arte è apparentemente, e forse volutamente, complicato, con l’obiettivo di illudere ed eludere il principio di trasparenza nel governo del territorio. In sintesi: l’ormai vituperato decreto legislativo Draghi, il numero 199 dell’otto novembre 2021, aveva previsto, all’articolo 20, che il Governo, entro 180 giorni dall’entrata in vigore di quel provvedimento, ne adottasse un ulteriore per disciplinare le cosiddette «aree idonee per le rinnovabili». Scaduti quei sei mesi non è successo niente, nessun decreto è stato presentato e tantomeno adottato. Ad oggi, con 930 giorni di ritardo, anziché i previsti 180, di decreto sulle “aree idonee” non se ne vede. Campo libero, insomma.

Protocolli intasati

Frontiere aperte ad ogni genere di speculazione, con tutta una serie di grimaldelli, posizionati con chirurgico interesse, che rischiano di far naufragare qualsiasi ipotesi di blocco dell’invasione. In questi anni, infatti, gli “assatanati” speculatori del fotovoltaico e dell’eolico non hanno fatto altro che subissare i protocolli del Ministero e della Regione dei più invasivi e devastanti progetti di assalto paesaggistico-ambientale della Sardegna. Migliaia di ettari pronti ad essere rasi al suolo per sostituire grano con silicio, quello dei pannelli cinesi che, come un fiume in piena, stanno invadendo le terre agricole dell’Isola, promontori e nuraghi pronti ad essere sovrastati con pale eoliche alte oltre 250 metri.

Ritardo a tavolino

Un ritardo decisivo, quello accumulato sino ad oggi, sia sul fronte regionale che statale. Da una parte il devastante decreto Draghi che senza alcun argine ha consentito la presentazione incontrollata di centinaia di progetti speculativi in tutta l’Isola e dall’altra la Regione che anziché “proteggersi” con norme efficaci ed immediate come quelle «urbanistiche» ha preferito lasciar fare. Nei giorni scorsi la Regione sarda, nella veste di coordinatrice del settore energia della Conferenza delle Regioni, ha incontrato il Ministro dell’Ambiente Pichetto Fratin. In sintesi, un nulla di fatto.

Vento & fumo

Le dichiarazioni, da ambo le parti, sono state fumose e generiche, senza un minino riferimento ai contenuti del decreto attuativo sulle «aree idonee», quello che il Governo aveva trasmesso lo scorso anno alla Conferenza dei Presidenti per l’intesa. Si è parlato di “avvicinamento” delle posizioni, ma nessuno ha spiegato che tipo di “avvicinamento”: chi ha ceduto e su cosa. Certamente la Sardegna, con il testo in esame e le eventuali modifiche che verrebbero introdotte dopo l’approvazione da parte del Governo del decreto “Agricoltura”, ne uscirebbe devastata sia in termini quantitativi che di poteri.

Sardegna succube

Prima di tutto nel testo del Governo è previsto che la Sardegna debba raggiungere entro il 2030 una produzione “rinnovabile” di 6.203 megawatt. Un dato che conferma il grande “inganno”, anche numerico, ai danni dell’Isola. Non si capisce, infatti, per quale motivo il Veneto, per esempio, con i suoi 4 milioni e 800mila abitanti debba prodursi solo 5.763 megawatt di energia rinnovabile, la Lombardia con dieci milioni di abitanti solo 8.600 megawatt, il Lazio con 5 milioni e 700mila abitanti appena 4.708 megawatt, la Campania con 5 milioni e 600 mila abitanti solo 3.943 megawatt.

Algoritmi per speculare

Si tratta di un riparto “inventato” di sana pianta dai Palazzi di Roma, con algoritmi pianificati ad uso e consumo degli interessi degli speculatori, con l’obiettivo di salvaguardare gran parte dell’Italia scaricando sulla Sardegna il peso insopportabile della speculazione energetica. Un quantitativo di energia rinnovabile, quello attribuito nella bozza del decreto alla Sardegna, che stride con le esigenze di una popolazione di un milione e 600mila abitanti. Si tratta di un dimensionamento imposto dai Palazzi del Governo senza la minima negoziazione con la Regione che sembra subire tutto in silenzio. Ai quantitativi si affiancano i contenuti che sembrano voler imporre alle Regioni e in particolar modo alla Sardegna procedure “statali” per individuare le «aree idonee» che finirebbero per trasformarsi in un vero e proprio piano “colabrodo”, con tutta l’Isola a rischio assalto. La definizione delle «aree idonee», infatti, avrebbe dei range talmente ampi che finirebbe per intaccare tutto il territorio regionale, lasciando aperta anche la possibilità di insediare centrali eoliche e fotovoltaiche in tutte le altre aree che non sarebbero, dunque, “vietate”, ma sulle quali si potrebbero comunque conficcare pannelli e pali utilizzando procedure ordinarie, senza sconti. Dunque, se passasse la regola delle «aree idonee», ampie e con l’acceleratore procedurale, e quella delle aree, furbescamente definite «non idonee», ma in effetti idonee con tempi ordinari, saremo dinnanzi ad un vero “sacco” della Sardegna. Nel decreto all’esame della Conferenza dei Presidenti di Regione, destinato poi alla Conferenza unificata Stato-Regioni, sul quale la Sardegna dovrebbe esprimere il parere come coordinatrice del settore Energia, non ci sarebbe, dunque, nessun divieto per realizzare l’invasione eolica, semmai verranno accelerati i tempi per gli impianti che ricadrebbero nelle fantomatiche «aree idonee».

Testo nefasto

A questo si aggiunge che, nel testo all’esame della Conferenza delle Regioni, le «aree idonee» hanno un’indicazione già di per sè devastante per la Sardegna: si va dai siti dove sono già installati impianti della stessa fonte con un incremento non superiore al 20% dell’esistente alle aree oggetto di bonifica, dalle cave e miniere cessate alle aree classificate agricole, racchiuse in un perimetro i cui punti distino non più di 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale, dai beni del demanio militare a quelli a qualunque titolo in uso al Ministero della Difesa. Dunque, non solo “aree idonee” sconfinate dove si potranno ottenere autorizzazioni “rapide e accelerate”, ma anche aree “non idonee” dove sarà, con tempi ordinari, consentito di tutto. Tutto questo nonostante la Sardegna disponga di una potestà “costituzionale”, l’art.3 lettera «f» dello Statuto, che assegna alla Regione la competenza primaria per il “governo del territorio”, in particolare in materia di «edilizia e urbanistica». Basterebbe un articolo di legge per bloccare, con divieti puntuali, immediati ed efficaci, l’assalto all’Isola. Il grimaldello delle «aree idonee», invece, è nient’altro che un lasciapassare più rapido per speculatori e faccendieri del vento e del sole in terra di Sardegna.

(1.continua)

© Riproduzione riservata