Cosa non torna nel caso di Piera Pinna, la sarda scomparsa in Toscana: «È davvero andata in quel bosco?»
L’appello delle sorelle e della nipote: «Noi avvisate 48 ore dopo e poi mai informate. Aspettiamo risposte da due mesi, non sappiamo neanche se c’è un’indagine in corso»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Un bosco molto impervio e pericoloso, con improvvisi strapiombi e un terreno scivoloso, i residenti della zona lo chiamano “la valle dell’inferno”. Un bosco in cui molte persone si sono perse o hanno perso la vita, ma nel giro di poche settimane sono state sempre ritrovate, vive o morte.
Non Piera Pinna (Pietrina all’anagrafe), 69 anni, originaria di Bosa e residente a San Miniato (Pisa) che da quel bosco a Medicina di Pescia, nel Pistoiese, sembra essere stata inghiottita da oltre due mesi. Da quel 21 settembre in cui si era recata lì per andare a funghi. Con il marito che la aspettava nel parcheggio: Remo, 84 anni, ha problemi di deambulazione. La attendeva in auto, ma la moglie non è più tornata e lui, dopo averla chiamata più volte, urlando, ha lanciato l’allarme. Due persone lo hanno trovato intorno alle 16 e lo hanno aiutato ad allertare i soccorsi, arrivati intorno alle 19.
Le ricerche ufficiali, con tanto di droni dotati di termoscanner e cani molecolari, non hanno restituito alcuna traccia di Piera Pinna. Sono durate una settimana, poi sono scesi in campo i volontari. Niente: nè il cappello, né il coltellino, né la cesta dove avrebbe dovuto mettere i funghi raccolti.
Le sorelle sarde non riescono a darsi pace, è stata anche creata una pagina Facebook per reperire informazioni, “Cercando Piera Pinna”.
Abbiamo parlato con Simona, nipote di Piera, che riassume la disperazione della famiglia: «Non sappiamo neanche se c’è un’indagine in corso. Se si stiano ricostruendo i suoi movimenti con le telecamere e le celle telefoniche. Siamo state avvisate dal marito della scomparsa, il 23 settembre alle 19.30, due giorni dopo. Da allora siamo piombate nella disperazione, e abbiamo avuto pochissime informazioni. Le autorità con noi non parlano, siamo riusciti a parlare appena due volte con il figlio di Piera, che aveva presentato la denuncia, e con Remo. Ma non ci stanno informando più di nulla».
Nella storia, inoltre, ci sono alcune incongruenze da chiarire che tingono la vicenda di giallo.
Nella denuncia di scomparsa fatta dal figlio (che non era presente quel giorno) si parla della Madonna del Tamburino, ma l’auto in cui la attendeva il marito Remo era a Pian di Galli. Perché?
C’è poi il caso del telefono, Piera l’aveva lasciato in auto per paura di perderlo, ha raccontato il marito. Ma per i familiari sardi è una circostanza strana: «Una volta era in un altro bosco col nipotino, a un certo punto pensava di essersi persa. Poi ha ritrovato la strada, ma quel giorno ha avuto molta paura e si è ripromessa di portare sempre il telefono con sé».
Quel 21 settembre era una domenica, il clima era clemente e c’era tanto movimento nel bosco: «Eppure, a quanto sappiamo, nessuno l’ha vista. Sappiamo solo che un fungaiolo ha visto l’auto con lo sportello aperto e le stampelle appoggiate (presumibilmente di Remo, ndr)», spiega Simona. Tralaltro quella è zona di caccia grossa: «Il bosco è sempre frequentato da cacciatori con i cani, in due mesi l’avrebbero trovata».
Infine, l’ipotesi che qualcosa sia successo addirittura il giorno prima del 21 settembre. Piera Pinna è davvero andata in quel bosco? La donna infatti ha un chiosco nei pressi di Empoli in cui si reca tre volte a settimana per vendere gli ortaggi che produce. Anche sabato 20 settembre ci è andata, ma secondo quanto rivelato da un testimone alle 13.30 l’area in cui c’è il chiosco era chiusa con lucchetto e catena. E dentro c’era il furgone, quel furgone con cui di solito Piera tornava a casa. «Come ci è tornata quel giorno? Qualcuno l’ha accompagnata? Ci è davvero tornata?», si chiedono i familiari, che lanciano un appello. «Chiediamo a chi quel giorno l’ha vista al mercato di farsi avanti e dirci che atteggiamento aveva mia zia, se era il solito, se era preoccupata».
Del caso, proprio in seguito alle tante incongruenze sottolineate dai familiari sardi, ora si occupa la criminologa lucchese Irene Peluso.
Una buona notizia, almeno al fine di non far calare il silenzio sul caso della 69enne sarda. Perché le sue sorelle non riescono a reperire informazioni: «La criminologa ha parlato con noi, poi abbiamo il nostro avvocato di famiglia che conosce anche Piera, ha chiesto informazioni alla Procura ma al momento non abbiamo avuto risposte».
Ma chi è Piera Pinna e qual è il suo rapporto con i familiari sardi? «Non è un’anziana», a dispetto dell’età. «È una donna risoluta, forte, energica, sempre impegnata e abituata a lavorare all’aperto e in mezzo alla natura. Proprietaria di un’azienda agricola, tre volte a settimana vende la frutta e la verdura che produce in un chiosco a Empoli».
«Lei e mia madre – racconta Simona – sono emigrate da Bosa nel 1979, dopo cinque anni a Roma si sono trasferite a Firenze. Quando lei ha deciso di sposare Remo mia madre è tornata in Sardegna».
Le sorelle si sentono spesso, ma non si vedono da sette anni: «Noi non andiamo in Toscana, lei non viene più in Sardegna da tempo anche per i problemi di deambulazione del marito».
Il rapporto col marito? «Lei non ci aveva mai parlato di problemi». Sospetti? «Non puntiamo il dito contro nessuno, vogliamo solo sapere che fine ha fatto Piera e chiediamo risposte. Sono troppe le incongruenze, vogliamo che siano ricostruiti tutti i suoi movimenti a partire da sabato 20 settembre. Anche per capire se veramente è andata nel bosco».
I familiari, per ora, non hanno intenzione di recarsi in Toscana: «Dovesse esserci qualche risvolto andremo, ma ora non ha senso andare a cercarla. Quel bosco è impervio e inospitale per chi non lo conosce».
