La formula è una sentenza: il Tribunale Amministrativo Regionale della Sardegna respinge l'istanza cautelare in epigrafe. Un colpo al cuore per gli affari milionari sui rifiuti pericolosi e non. Un intreccio spaventoso di interessi legati a società satellite, intermediari, discariche e lobbysti del rifiuto. Ogni genere di sostanze pericolose spedite in Sardegna, provenienti da nord a sud dell'Italia, sotterrate e disseminate in lungo e largo nei canyon-discarica nella terra dagli antichi profumi di lentischio e ginepro. Il Tar Sardegna ha sentenziato: stop alla colonna di camion di rifiuti provenienti dal resto d'Italia verso l'Isola. Il verdetto, come avevamo anticipato, è comparso ieri mattina, poco dopo il sorgere del sole, nel sito della giustizia amministrativa regionale. Per adesso i giudici del Tribunale di piazza del Carmine a Cagliari hanno tirato il freno a mano. L'istanza della Ecoserdiana, sponsorizzata giudiziariamente e nella sostanza dalla società campana Riverso Spa, che chiedeva di continuare a portare rifiuti dal resto d'Italia, è respinta.

Il Tar: fermate i rifiuti continentali

I magistrati hanno deciso di confermare l'efficacia della delibera della Giunta regionale che, nell'autorizzare l'ampliamento della discarica tra Donori e Serdiana, ha sancito un principio sacrosanto: non possono arrivare rifiuti provenienti dal continente. Non una preclusione razzista ma, semmai, la corretta pianificazione del proprio ambiente, una gestione oculata delle risorse naturali e soprattutto il divieto di trasformare la Sardegna in una grande cloaca d'Italia.

Ricorso respinto, con feriti e tanti milioni di euro che non potranno più ingrassare un sistema che puntava a fare gran cassa con i rifiuti pericolosi provenienti da ogni regione dello Stivale. L'effetto giudiziario, conseguente all'ordinanza dei giudici amministrativi, vale per coloro che ne hanno chiesto il pronunciamento, prima di tutto per la discarica dell'Ecoserdiana, ma costituisce un vulnus rilevante per tutto il sistema legato all'importazione di rifiuti in Sardegna. Un pronunciamento che costituisce una vera e propria svolta nel contrasto al mercato fiorente delle sostanze pericolose, un giro d'affari con lauti incassi per i gestori e un peso immane per l'ambiente di oggi e soprattutto di domani. Non ci sono i presupposti per fermare la delibera della giunta regionale hanno sentenziato Dante D'Alessio, Presidente del Tar, Tito Aru, consigliere estensore e Antonio Plaisant, consigliere. Dunque, sino al 20 gennaio del 2021, data per la quale è stata fissata l'udienza di merito, nell'agro tra Donori e Serdiana, potranno essere conferiti solo rifiuti prodotti in terra sarda. Ai camion, già pronti per l'attraversata del Tirreno, carichi di ogni maledizione per la natura e l'ambiente, per l'aria e le falde idriche, non resta che fermarsi sulle sponde italiche. In Sardegna, per adesso, non si passa. La partita dello stop ai rifiuti continentali ha segnato un punto importante a favore della delibera della giunta regionale ma siamo solo al primo round. La contesa non è finita. Nella sentenza-ordinanza con la quale i giudici hanno respinto il tentativo dei signori della Ecoserdiana di far sbarcare nell'isola una marea di rifiuti pericolosi, provenienti da mezza Italia, c'è un passaggio che lascia comprendere quanto sia ancora lungo e difficile il cammino per fermare per sempre l'inquietante trasporto nell'Isola di sostanze dal codice rosso. La prima sezione del Tribunale amministrativo ha messo nero su bianco le insidie di questo tema: la vicenda, scrivono i giudici, per la sua particolarità e complessità, deve essere approfondita in un'udienza di merito da tenersi in tempi rapidi. Il 20 gennaio del 2021 i giudici entreranno nel merito dello scontro titanico tra chi pensa di poter portare in Sardegna di tutto e di più, senza limiti, e chi, come la Regione e gran parte delle province sarde, delegate alla stipula dei contratti di gestione delle discariche, si oppongono a questa possibilità.

La guerra è appena iniziata

Lo scontro è solo agli inizi. Quello che sta emergendo in queste ore è un piano subdolo e inquietante per trasformare la Sardegna in una grande discarica d'Italia. Le mire sconfinate dei procuratori dei rifiuti pericolosi, quelli impunemente spediti nell'enclave sardo, provenienti dal Bel Paese, sono secretate. L'offensiva è senza precedenti e si gioca tutta nelle aule giudiziarie. Uno stuolo di avvocati, al servizio di società sconosciute, intermediari e affaristi di ogni genere, sta mettendo a punto una strategia per far desistere la Regione dal bloccare quella colonna marciante di camion, una volta da Livorno, un'altra da Civitavecchia o Napoli, carichi di veleni verso la Sardegna.

Per i giudici sarà un'estate caldissima sul fronte dei rifiuti pericolosi e non solo. Ieri mattina, infatti, mentre veniva pubblicata l'ordinanza-sentenza che respingeva il ricorso della società Ecoserdiana, negli uffici della Provincia di Sassari, in piazza d'Italia, e in quelli della Regione sarda, in viale Trento a Cagliari, faceva irruzione il ricorso di una società sconosciuta ai più: la Domus srl. Sede fiscale al n.33/c della via Carlo Felice a Sassari. Ragione sociale plurima e variegata, dall'organizzazione direzionale, operativa e logistica, alla progettazione e intermediazione. Nel palazzo nobile del cuore storico di Sassari strabuzzano gli occhi. Della Domus srl non avevano ufficialmente mai sentito parlare. Una società interamente governata dalla famiglia di Raffaele Patteri, classe 1939, con i suoi due figli, Giovanni e Andrea.

Gli intermediari pugliesi

E' la prima volta che la Domus srl esce allo scoperto in una vicenda di rifiuti trasferiti dal continente e disseminati nelle discariche di mezza Sardegna, da Olbia a Magomadas, sino alla discarica di Scala Erre, il gigantesco immondezzaio di Sassari. Quella che emerge è una storia dai molti lati sconosciuti. I documenti che abbiamo acquisito sono uno spaccato impressionante di un'isola che, sotterraneamente e con silenzi diffusi, accoglieva e forse continua a ricevere montagne di sostanze pericolose e rifiuti definiti speciali provenienti dal resto d'Italia. Veleni, in sintesi. Il ricorso al Tar della Domus srl è un atto di guerra, contro la Provincia di Sassari e la stessa Regione. In modo esplicito e senza più ammantarsi della riconosciuta riservatezza, i soci della società sassarese mettono nero su bianco la richiesta: vogliamo continuare a portare in Sardegna i rifiuti provenienti dal continente. Per lo più fanghi fognari, putridi e puzzolenti, carichi di ogni genere di agente inquinante, come hanno certificato più volte gli inquirenti della magistratura pugliese che ne hanno impedito il riuso e lo smaltimento nella loro regione. In sostanza in Puglia non vogliono i propri scarti fognari e li mandano in Sardegna. Per farlo usano intermediari, dichiarati e certificati, che li distribuiscono in discariche, da nord al sud dell'Isola, compresi fantomatici impianti che millantano trasformazioni in ammendanti agricoli, già perseguiti dai magistrati oristanesi. Il risultato è l'Isola trasformata in una cloaca senza confini, un porto di fanghi fognari che accoglie di tutto e di più. La Provincia di Sassari, in pieno lockdown, è l'otto maggio del 2020, diffida la società Siged che gestisce la discarica a servizio dell'intera Provincia di Sassari e non solo. L'ente intermedio è perentorio: dai dati emerge che dentro la discarica sono arrivati migliaia di metri cubi di rifiuti provenienti da fuori Sardegna.

Scoppia il caso Sassari

Una segnalazione partita alla volta della Guardia di finanza e della Procura parla di 30.000 metri cubi. Una diga colma di rifiuti trasferiti dal continente a Sassari senza alcuna autorizzazione. Per gli uffici di piazza d'Italia tutto questo è vietato: quella discarica era stata autorizzata solo per le esigenze dei comuni del bacino del nord Sardegna. Riempire il sito di Scala Erre con i rifiuti provenienti dal resto d'Italia era non solo in contrasto con le norme e i contratti in essere ma avrebbe esaurito anzitempo quell'immondezzaio destinato alle esigenze locali. La Siged, che gestisce la discarica sassarese, non impugna subito quel provvedimento di diffida. Il 10 luglio scorso lo fa al Tar direttamente la Domus srl, soggetto mai citato nel divieto reiterato della Provincia ma evidentemente colpita al cuore nel business dei rifiuti. Il quadro per gli intermediari dei fanghi pugliesi è a tinte fosche: gli hanno chiuso a suon di proteste la discarica dello Spirito Santo di Olbia, l'impianto di Magomadas è stato sequestrato dalla Procura di Oristano, la Provincia di Sassari ha interdetto la mega discarica di Scala Erre con una diffida perentoria e senza appello. Circondati, senza nessun buco dove sistemare quell'oro fognario che viene pagato, secondo i documenti dell'acquedotto pugliese che pubblichiamo, con cifre che superano i 170 euro la tonnellata. Il Tar ha già fissato l'udienza per il 5 agosto. Per adesso i camion carichi di fogne continentali e sostanze pericolose si devono fermare sull'altra sponda del Tirreno. La carovana degli affari su fogne e rifiuti altrui subisce un duro colpo, ma la partita è solo agli inizi.

Mauro Pili

(Giornalista)

LEGGI LA PUNTATA NUMERO 1
© Riproduzione riservata