Stasera il presidente francese Emmanuel Macron riceverà a cena all'Eliseo il presidente cinese Xi Jinping, la cancelliera Angela Merkel e il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, per illustrare personalmente all'ospite cinese la posizione europea, decisa all'ultimo Consiglio dei Capi di Stato e di Governo del 22 marzo, in merito alla Nuova Via della Seta proposta dalla Cina.

L'Italia vi ha già aderito unilateralmente, firmando a Roma sabato scorso un Memorandum d'intesa con Xi Jinping. Al riguardo, Macron e Merkel hanno già espresso pubblicamente la loro contrarietà per la decisione italiana, che il premier Conte ha tuttavia ribadito di voler collocare all'interno della cornice europea. Questa prevede la possibilità di bloccare gli investimenti stranieri, nonché la chiusura del mercato degli appalti della Ue, alle imprese straniere che nel loro Paese non offrano condizioni di reciprocità; prevede, inoltre, la protezione del mercato interno europeo contro acquisizioni pilotate da aiuti di Stato stranieri, sussidi pubblici o partecipazioni statali. Non viene menzionata esplicitamente la Cina, ma in realtà le nuove regole europee sono state pensate per essere applicate proprio ai nuovi rapporti con questo Paese.

Sabato scorso, tuttavia, oltre al famoso Memorandum della discordia, che impegna Italia e Cina a lavorare alla "Belt and Road Initiative", l'Italia ha anche firmato 29 accordi specifici (19 istituzionali e 10 tra aziende), che valgono 7 miliardi di euro, più un indotto valutato altri 13 miliardi.

Si va dal commercio all'energia (coinvolte Ansaldo, Snam e Eni), dalle infrastrutture alle telecomunicazioni, dal turismo ai porti, fino a gemellaggi e iniziative culturali.

Il colosso cinese Cccc entra nel retro molo di Trieste e tra le banchine del porto di Genova. Questi sono i due porti italiani cui la Cina è particolarmente interessata, perché saranno le due principali porte d'ingresso delle merci cinesi dirette ai mercati di sbocco del Centro e Nord Europa.

Un accordo tra Italia e Cina che preveda un potenziamento dei due porti, anche con capitali cinesi, è senz'altro utile per gli interessi italiani, solo però se il controllo dei due porti resterà strettamente sotto la sovranità italiana. Diventerebbe invece rischioso se il controllo, in tutto o in parte, dovesse passare alla Cina, come è già avvenuto per il porto del Pireo in Grecia.

Un altro accordo firmato dall'Italia riguarda la tecnologia 5G per le telecomunicazioni, l'internet super veloce che mette in comunicazione strumenti applicativi differenti e che attualmente viene sperimentata anche tra Cagliari e Pula dal Crs4 e dal colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. La cancelliera Merkel, in vista della gara tedesca per il 5G e della possibile partecipazione di Huawei, leader mondiale in questa nuova tecnologia, ha dichiarato di essere contraria all'esclusione dalla gara di questa azienda solo perché è cinese. Ma l'ambasciatore americano a Berlino, sulla questione, ha posto un veto assoluto: se voi europei consentite a Huawei o ad altre società cinesi di partecipare al progetto di connessione 5G, gli Stati Uniti "non potranno più mantenere lo stesso livello di cooperazione con i vostri servizi segreti".

Il timore degli americani è che la tecnologia cinese 5G possa essere utilizzata anche per lo spionaggio; e minacciano di non condividere più con Paesi Nato come l'Italia e la Germania le informazioni riservate dell'intelligence americana.

Su questo delicatissimo problema, il presidente Mattarella ha fissato i paletti entro cui muoversi (trasparenza, sicurezza e ed equità), ma le riserve europee sulla fuga in avanti dell'Italia restano forti. Per il presidente francese, la Cina è un "rivale sistemico".

Nella cena di stasera, senza l'Italia, Macron e Merkel metteranno a punto la strategia da portare al summit Ue-Cina del 9 aprile, da tenere a Bruxelles nella sede delle istituzioni europee. Perciò, Conte deve stare attento a non rimanere col cerino acceso in mano, con l'Italia isolata in Europa sul delicato rapporto col colosso cinese.

Beniamino Moro

(Docente di Economia politica, Università di Cagliari)
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