«Al mio fianco vedevo gli altri pazienti morire. Erano quasi tutti anziani, come me. Andavano via, uno alla volta. Soli, in un letto di ospedale. È stato tremendo. Ma io ce l'ho fatta. L'ho combattuta quella brutta "bestia" e l'ho sconfitta».

L'incubo

Anna Cambarau, 79 anni, natali a San Giovanni Suergiu, nel cuore del Sulcis, e da cinquant'anni trapiantata a Trecate, Comune a una decina di chilometri da Novara, racconta così la sua battaglia, condotta e vinta in una sala di rianimazione, contro il terribile Covid-19, il virus che così tante vittime sta ancora mietendo in tutta Italia.

Il ricordo di quei terribili momenti è come una fitta al cuore. Dalla terapia intensiva dell'ospedale Maggiore della Carità di Novara è uscita solo sabato scorso, dopo due settimane di cure e angoscia, per far ritorno alla cascina dove vive con la figlia Patrizia Bernardi, che non l'abbandona un minuto. «È ancora molto provata, ma sta bene. Noi facciamo di tutto, anche evitando di seguire i tg che raccontano della pandemia, - spiega - per evitare che riviva quei momenti». Lei, nonna Anna, ancora alle prese con le terapie post ricovero (che hanno imposto alla famiglia la quarantena), però ha la scorza dura, da buona sarda e sulcitana doc.

Attesa in paese

In paese, a San Giovanni Suergiu, l'altra figlia Mariolina, sposata con Pietro Armas, il presidente della Pro loco, le due sorelle e il fratello, oltre a tanti altri parenti, non fanno che il tifo per lei affinché si rimetta il prima possibile. «Non era mai stata in ospedale. La prima volta è stato lo scorso gennaio quando - aggiunge la figlia - le è stato diagnosticato un tumore al seno e ha dovuto iniziare le terapie del caso». Ma dietro l'angolo, purtroppo, ai primi di aprile, ecco anche quel subdolo virus, annunciato da febbre, dolori al petto e fatica a respirare. In pochi giorni le sue precarie condizioni di salute, inizialmente attribuite alle pesanti cure per il tumore, sono peggiorate sino a quando è stata costretta al ricovero in ospedale. Di lì a poco il tremendo responso: positiva al Coronavirus. E l'angoscia di non potercela fare, come avvenuto per tanti anziani suoi conoscenti.

Il racconto

«I primi due giorni sono stati tremendi. Pensavo di morire. Mi hanno aiutato, oltre ai sanitari e allo splendido personale dell'ospedale, le cure e l'amore di un medico di origine sarda. Quando pensavo ormai di non farcela più - racconta nonna Anna - mi ha detto "Ti ho presa per i capelli, ma ti ho salvata". Ce l'avevo fatta. Aver battuto il virus, alla soglia degli 80 anni e nelle mie condizioni, è come un piccolo miracolo. Ora vorrei abbracciare quel medico per ringraziarlo. Ricordo solo il cognome: Pittau. Ma se sono qui lo devo a lui e forse a quel legame tra sardi che ci unisce nei momenti più difficili». Oltre a quella tempra d'acciaio che pare abbia protetto nonna Anna dal temibile virus e alla speranza di farcela che non l'ha mai abbandonata facendola uscire dall'inferno del Covid19. E che ora l'aiuterà ad affrontare, con la famiglia, la guerra che l'attende anche contro l'altro male che purtroppo l'affligge.

Maurizio Locci

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