C'è l'autore materiale dell'omicidio, Eugenio Corona, chiuso in carcere da oltre un anno per aver ucciso con «numerosi colpi di cesoia alla gola e al capo» il pensionato 88enne Adolfo Musini nella sua abitazione di San Michele. Una cinquantina i fendenti secondo gli investigatori. Ci sono il cagliaritano Antonio Perra, 42 anni, Pamela Locci (33, di San Giovanni Suergiu) e Filippo Piras (29, di Monserrato), i primi due accusati di aver aiutato l'assassino a «eludere» le ricerche, il terzo di aver rubato dalla casa della vittima un televisore e un computer. Ma nell'atto di conclusione delle indagini notificato a indagati e avvocati compaiono anche Danilo Deligia, 39 anni, e Yusupha Touray, 20, chiamati a rispondere rispettivamente di ricettazione e furto.

Telecamere e arresto

È il quadro finale dell'inchiesta svolta dai Carabinieri e coordinata dal pubblico ministero Guido Pani sul delitto commesso il 30 maggio di un anno fa nell'appartamento al primo piano della palazzina tra piazza Valsassina e via Lucania. Il cadavere era stato trovato il 2 giugno ma il cerchio su quanto accaduto era stato chiuso in tempi molto brevi. Erano state utilissime le immagini di una telecamera sistemata in quella zona: i video registrati dall'occhio elettronico avevano immortalato qualcuno che si arrampicava sui tubi del gas per entrare nell'appartamento e, raccolti ulteriori elementi, i carabinieri erano risaliti a Corona, il quale la stessa notte dell'arresto aveva ferito gravemente un altro pensionato, sempre a San Michele ma in via Podgora, durante un tentativo di rapina.

L'interrogatorio

Davanti ai militari e al pm Pani il 41enne aveva sostenuto di essere «dispiaciuto» per poi aggiungere: «È tutta colpa della droga. Mi sono rovinato la vita, oltre ad aver distrutto quella di Musini e dei suoi parenti». Corona si era addossato la responsabilità dell'omicidio scagionando le altre persone nel frattempo coinvolte nella vicenda: Perra (fermato per favoreggiamento), Locci (denunciata per lo stesso reato) e Piras (indagato per furto: secondo gli inquirenti era entrato due volte nella casa della vittima, già morta, per portare via un televisore e un personal computer). «Ero fulminato perso», aveva ribadito Corona agli investigatori, una condizione nella quale era caduto a suo dire per la cocaina. L'uomo non mangiava da giorni ma consumava la droga e beveva alcol.

Il delitto e i furti

Così era entrato nell'appartamento nel quale Musini, ex sergente dell'Esercito, viveva dagli anni Cinquanta (era originario di Usellus), aveva colpito la vittima con decine di fendenti, aveva preso mille euro trovati nella casa ed era scappato raggiungendo Perra nelle case parcheggio di via Timavo dove si era cambiato gli abiti e aveva rivelato all'amico quel che aveva fatto poco prima. Alcune ore dopo era tornato nell'appartamento «per verificare se il pensionato fosse ancora vivo», aveva spiegato ai carabinieri, «quando ho capito che era morto ho detto a voce alta: spero tu mi possa perdonare». In realtà Corona, in base alla contestazione del pm, era tornato lì assieme a Perra per portare via un televisore. Stesso motivo per il quale nell'abitazione il primo giugno in ipotesi erano entrati anche Piras e Touray: prelevare un computer con tastiera e monitor. Il giorno successivo il 41enne in via Podgora aveva colpito con quattro coltellate un conoscente: «Quando l'ho riconosciuto mi sono fermato». Anche in quel caso il movente erano i soldi (pochi) per comprare droga.

La perizia psichiatrica

Nel corso delle indagini la gip Ermengarda Ferrarese aveva disposto una perizia su Corona e la psichiatra Irene Mascia aveva attestato la capacità di intendere e volere dell'indagato, al quale «le sostanze stimolanti all'epoca dei fatti» avevano causato «uno stato psichico di intossicazione acuta, non cronica»: la sola condizione, quest'ultima, che poteva «rilevare ai fini giuridici sulla capacità di intendere e di volere». In definitiva «Corona non è, né era, in uno stato di mente tale da escludere totalmente o scemare grandemente le sue capacità di intendere e di volere» e inoltre «è capace di partecipare coscientemente al processo»

Le contestazioni

Poco dopo il pm ha chiuso le indagini. Corona è accusato di omicidio e tentato omicidio, rapina e tentata rapina. Si è affidato all'avvocata Teresa Camoglio. Lo stesso Corona e Piras devono rispondere del furto del televisore dalla casa della vittima (Piras è difeso dal legale Gianluigi Perra). A Locci e Antonio Perra è contestato il favoreggiamento personale: secondo il pm aiutarono Corona «a eludere le indagini e a sottrarsi alle ricerche ospitandolo in casa e dandogli indumenti puliti al posto di quelli sporchi di sangue buttati nella spazzatura» tra il 31 maggio e il 3 giugno. Saranno seguiti dagli avvocati Sandro Sassu e Marco Zusa. Deligia, difeso dal penalista Gianluca Piras, è accusato di ricettazione (avendo comprato «o comunque ricevuto da Corona e Piras» il televisore e il computer con schermo e tastiera rubati) e di spaccio (avrebbe venduto cocaina a Corona e Piras). Piras e Touray hanno a carico il furto del pc con tastiera e monitor: saranno difesi da Gianluigi Perra e Salvatore Amara. La famiglia di Musini è assistita dagli avvocati Mauro Massa e Barbara Maganuco.

Andrea Manunza

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