Certo che noi sardi a volte siamo un po' bizzarri. Siamo capaci di prendere cappello per una battuta infelice (il "sorcio nero" di Panatta a un giocatore rossoblù, il "Ti mando a Ovodda!" di Amendola in uno sceneggiato televisivo) - delle inezie, insomma - e invece non battiamo ciglio di fronte ad autentiche nefandezze che riguardano questioni serie e che, occorre aggiungere, spesso sono dei veri e propri autogol che confezioniamo senza il concorso dei tanto vituperati "continentali".

Credo che i trasporti e la sanità siano purtroppo forieri di esempi lampanti. Dalla continuità territoriale vecchia e nuova sino alla sciagurata riforma della sanità potremmo pescare a piene mani argomenti per alzare la voce, reclamare un drastico cambio di rotta da parte dei nostri governanti regionali. Invece tutto passa senza grandi scossoni. E a errore si aggiunge un altro errore, fino a che - improvvisamente- ci svegliamo e ci chiediamo: come è stato possibile arrivare a tanto?

Per limitarci alla sanità, l'ultima perla è un emendamento alla Finanziaria di sette consiglieri regionali (e già approvato) che, nella sostanza, smonta quella che senza tema di smentita possiamo definire una delle nostre eccellenze. Sto parlando della struttura complessa di ginecologia e diagnosi genetica prenatale del Microcitemico di Cagliari. Un reparto sorto nel 1982 grazie alle competenze di un luminare come il professor Antonio Cao e alla sensibilità di un fine politico come Emanuele Sanna.

Negli anni questa struttura pubblica ha acquisito una lusinghiera fama nazionale e internazionale, consentendo a tantissime donne sarde di effettuare indagini prenatali o di accedere alle tecniche di procreazione assistita, sia omologa che eterologa. Bene, l'emendamento in questione ha ottenuto lo stanziamento di una cospicua somma per "garantire" alle coppie residenti in Sardegna l'accesso a queste tecniche medicalmente assistite presso "strutture pubbliche o private accreditate in ambito nazionale ed estero". Cioè, anziché potenziare e accreditare una struttura pubblica sarda che funziona egregiamente, si è preferito dirottare risorse fuori dall'Isola, prevedendo tra l'altro un contributo che di certo non basterà a coprire gli ingenti costi di una procreazione eterologa in una struttura privata.

Vado oltre i problemi di privacy (qual è la coppia che dichiarerà a cuor leggero di voler accedere alla procreazione eterologa?) e di certificazione (chi vidimerà la pratica, un consigliere regionale?), e arrivo alle amare conclusioni. A furia di affidarci a politici che assomigliano ad apprendisti stregoni stiamo snaturando i criteri della sanità, perché i due sistemi, pubblico e privato, vanno contemperati in maniera intelligente e non avventata. E così si torna ai tempi dei viaggi della speranza, con la variante del turismo procreativo.

Massimo Crivelli
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