Le lacrime della piccola Francesca accompagnano nonno Gianni nell’ultimo viaggio. Quello più lungo e senza ritorno.  Diventano le lacrime di tutti nella chiesa di San Giacomo, che improvvisamente sembra essere  troppo stretta.

I banchi pieni, la gente in piedi nascosta tra le arcate, il piazzale affollato in quel cuore di Villanova che pare battere più forte. È forse questa l’ultima grande impresa di Gianni Filippini, che ancora una volta è riuscito a riunire generazioni diverse. Tutte lì, a ricordarlo da vivo e a piangerlo da morto.

La politica di destra e sinistra schierata tra i banconi che oggi non hanno colore: da Mauro Pili, agli ex sindaci Emilio Floris e Massimo Zedda, all’attuale primo cittadino Paolo Truzzu. Insieme ad altri politici o familiari; come Massimo, il figlio di quel Delogu con il quale Filippini si approcciò alla politica gestendo, come diceva lui,  una delega immensa che andava dai musei all’edilizia scolastica.

Quel Delogu che era uno dei suoi più cari amici. Come l’ex Magnifico rettore Pasquale Mistretta, commosso in prima fila, con la sua solita eleganza e il dolore reso più forte da decenni di ricordi.

Anche don Mario Cugusi, ex parroco di Sant’Eulalia, lo ricorda durante l’omelia: «Un giorno ero molto arrabbiato con una persona, ne parlai con lui, mi ascoltò in silenzio e mi disse: e la misericordia dov’è?». Era anche questo Gianni Filippini, che nel 1977 diventò direttore dell’Unione Sarda, dopo aver scalato tutte le vette sino a raggiungere quella più alta. E da lì ha continuato a formare generazioni di giornalisti. Oggi presenti in massa, insieme ai vertici passati e presenti dell’Ordine. Tutti lì, a ricordare un uomo che certamente lascia un vuoto nell’informazione regionale e nel cuore di chi lo ha conosciuto. Perché fare informazione è un arte, restare nel cuore una dote di pochi. Filippini le possedeva entrambe. 

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