«I conti con il Covid-19 sono ancora tutti da fare». Gianfranco Ganau, medico, capogruppo del Partito democratico in Consiglio regionale, non nasconde l'amarezza del momento. «L'emergenza coronavirus - spiega - ha comportato innumerevoli problemi. Ha bloccato ogni attività ordinaria della sanità con la conseguenza inevitabile dell'aggravamento di molte patologie, mi riferisco ai pazienti cardiopatici, oncologici, diabetici».

Cosa significa?

«Queste sono patologie che evolvono e vanno incontro a decessi. Nei prossimi mesi registreremo un notevole incremento di mortalità per queste patologie».

Che fare?

«Noi abbiamo chiesto che vengano ripristinate immediatamente le condizioni per le attività ordinarie, altrimenti non reggiamo. Il problema Covid adesso è parzialmente governato, salvo un'eventuale nuova ondata dopo l'estate. In questo momento, però, la priorità è riattivare il sistema. Vanno garantiti percorsi differenziati dentro gli ospedali, ma riaprendo i servizi sanitari, in particolare quelli territoriali. Sono cose da fare nell'immediato».

Sarà sufficiente?

«Poi c'è un problema di fondo, cioè la riorganizzazione della sanità, che si è dimostrata carente soprattutto in quella territoriale».

Che, a onor del vero, non era molto meglio quando l'assessore era Luigi Arru e il presidente della Giunta Francesco Pigliaru, non le pare?

«Sono d'accordo, è una delle carenze che ci stiamo trascinando. È una critica che abbiamo mosso in fase di riforma della rete ospedaliera e non siamo stati ascoltati. Oggi è una necessità, perché il Covid si combatte sì in ospedale ma soprattutto sul territorio come stanno dimostrando gli ultimi dati raccolti, con l'identificazione precoce e l'isolamento delle persone entrate in contatto con il paziente».

Con l'arrivo dei turisti non teme che i rischi aumentino?

«Con i flussi turistici, è chiaro che la situazione si complica. Noi abbiamo sollecitato un accordo con gli albergatori per un protocollo da mettere in campo in caso di presenza di un sospetto. Abbiamo chiesto di dislocare le Usca (Unità speciali di continuità assistenziale) siano dislocate nelle zone a più alta concentrazione turistica e che svolgano quelle funzioni per cui sono state create, ovvero individuare i sospetti e procedere all'isolamento seguendo le procedure».

In ogni caso, l'estate potrebbe rappresentare un importante segnale di ripresa economica.

«Al di là delle misure che si stanno adottando, serve anche accelerare. Pensi che solo ieri è arrivato il documento sul sostegno alle imprese che risultava pronto dal 7 aprile. Siamo in ritardo. Adesso si porrà anche il problema di utilizzare il Mes e il Recovery fund. Che, bisogna tenerlo presente, non dovranno servire solo per le questioni sanitarie ma anche per le infrastrutture di cui la Sardegna ha davvero tanto bisogno».

Torniamo alla pandemia: perché è stata gestita così male per dei numeri tutto sommato limitati?

«Intanto, occorre dire che c'è stata una certa sottovalutazione. È vero che sono mancate indicazioni precise su cosa fare e questo ha finito per causare qualche problema di troppo».

Insomma, si poteva evitare?

«Sì, si sarebbe potuto evitare con una selezione dei pazienti più attenta all'ingresso, con l'isolamento immediato, qualora ci fossero stati sintomi che indicavano la possibile positività».

Ma perché solo a Sassari?

«A Sassari abbiamo una sola porta di accesso al pronto soccorso dell'ospedale civile, che è un elemento di criticità in questo frangente. A Cagliari c'è il Santissima Trinità, una struttura Covid, dove vanno solo i sospetti».

E nelle case di cura?

«Anche lì casi arrivati da fuori senza alcuna selezione da aggiungere al mancato controllo di utenti e operatori».

Vito Fiori

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