Collaboratori sì, una coppia che lo aiutava nel lavoro di segreteria e «teneva rapporti con l’elettorato».

C’era anche un giornalista pubblicista, «retribuito», senza contratto.

Ma di portaborse, e della relativa indennità, neanche a parlarne: «In politica sono cresciuto con le mie forze, non avevo alcuna propensione a essere servito.

La pagnotta me la sono guadagnata facendo 70 mila chilometri all’anno in Sardegna».

Poi le spese per l’affitto della sede politica «all’istituto sostentamento del clero a Oristano», fino a «mille euro al mese per molti anni, in assegni dati a monsignor Palmerio Massidda».

Così Mario Diana ha spiegato in Tribunale a Cagliari come utilizzava i fondi destinati ai gruppi in Consiglio regionale: oltre 135 mila euro avuti nella tredicesima legislatura, quando di An per alcuni mesi era stato anche capogruppo.

L’ex tesoriere del Pdl, accusato di peculato, ha risposto alle domande del pm Marco Coco (che gli contesta spese non consentite per circa 800 mila euro tra il 2004 e il 2014) spiegando di non aver prodotto pezze giustificative perché «non c’era l’obbligo di farlo» e di aver usato i soldi per «attività politica e istituzionale» e perché «il gruppo, emanazione del partito, avesse una presenza continua e costante nel territorio. Questo ho sempre fatto. Il contatto con gli elettori».

Ma anche «le campagne elettorali hanno un costo: nelle elezioni i consiglieri devono impegnarsi a sostenere i candidati».

Poi l’affitto della sede politica e le spese per i «collaboratori»: la coppia veniva pagata «con assegni dal mio conto corrente», c’era «un accordo per 700, 750 euro al mese».

La donna «ricordava numeri di telefono di 5 mila persone, aveva una memoria straordinaria.

Trasmetteva dati, telegrammi per compleanni o eventi luttuosi ». L’uomo «era solo suo marito, ma all’occasione prestava servizio. Era una famiglia che necessitava di sostegno e con un portafogli clienti importante» per allargare «il bacino elettorale».

I pagamenti? «Circa 750 euro al mese con assegni sul mio conto», ma «spesso e volentieri aveva necessità di risorse e io provvedevo». Accordi scritti? «Nessuno».

Ricevute? «Nessuna».

Per tutti gli aiutanti «spendevo non meno di 25 mila euro all’anno». Quindi la benzina per quei 70 mila chilometri all’anno, «le regalie», gli «annunci su giornali».

Insomma: «Superavo decisamente i 135 mila euro».

Domani nuova udienza: Diana risponderà alle domande degli avvocati difensori Massimo Delogu e Pierluigi Concas
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