Parla dei genitori adottivi chiamandoli "mio padre" e "mia madre" con la massima naturalezza, nonostante avesse già 22 anni quando Walter Farneti e Maria Davoli lo avevano visto in Senegal, Africa nera, innamorandosene subito. A quel tempo, era il 2000, Elhadji Farneti studiava a Dakar. Aveva la passione della storia e della geografia ma della Sardegna, e di Cagliari, mai aveva sentito parlare.

Il padre biologico era morto da poco e quel giorno, nonostante avesse vinto una competizione tra studenti, era triste in mezzo ai festeggiamenti. Dal lutto però stava nascendo una nuova vita: la futura mamma, colpita dal suo sguardo, si era avvicinata a quel ragazzone, alto quasi due metri, e lo aveva invitato il giorno seguente nell'appartamento suo e del marito per parlare.

Diciassette anni dopo Elhadji dice di sentirsi "come un sardo nato e cresciuto qui".

Vive a Cagliari dal 2007 e sta "benissimo". In città ha approfondito la sua passione, gli studi in Giurisprudenza, ed è diventato - poche settimane fa - un avvocato. È il primo senegalese a raggiungere questo risultato in Sardegna, il secondo in Italia: "L'altro è a Milano".

Componente ormai quasi effettivo dello studio legale di Patrizio Rovelli, dove ha terminato la formazione e "grazie al quale", dice, ha superato gli esami di Stato, spiega con un sorriso di dover "ancora imparare tanto". Ama il giurista Salvatore Satta e l'avvocato e saggista Gonario Pinna; ha visitato la casa del premio nobel Grazia Deledda; ha letto il Codice della vendetta barbaricina di Antonio Pigliaru.

Un amore particolare per la cultura nuorese.

"Sì, sono appassionato di quella barbaricina. Ma ho girato tutta l'Isola. E anche l'Italia. Mio padre si è speso e continua a farlo per me. Mia madre mi ha insegnato ad amare Garcia Lorca e leggo molti saggi sul diritto".

Qui gli avvocati sono 2.700. Un mercato saturo.

"Penso di fare un dottorato in materie penalistiche a Roma. Quando sono tornato a Cagliari ero un po' indeciso, volevo stare in uno studio ben organizzato. Da Patrizio Rovelli ho trovato ciò che cercavo. Ho dato lo scritto a dicembre 2016 e l'orale a fine ottobre. Ho studiato anche i problemi dell'immigrazione".

Ecco, a Cagliari il fenomeno è in forte crescita. Come le pare reagisca la città?

"Si avverte un poco di insofferenza ma solo perché le migrazioni sono un fatto storico nuovo. Vedo molta attenzione, non è qualcosa di negativo. Mai avuto problemi. C'è poca abitudine, tutto qui".

Non è facile arrivare in terra straniera senza avere diritti.

"Qui ho conosciuto subito tanti ragazzi. Esco con loro, amici sardi coi quali mi trovo benissimo. Gioco a calcetto, faccio anche il torneo forense. Oggi, senza i vecchi rapporti, sarei straniero in Senegal".

Si discute molto di Ius soli. Che idea ha?

"È giustissimo. Sono cittadino italiano dal 2012: all'inizio non volevo, ritenevo fossero sufficienti l'affetto e l'amore della famiglia e degli amici. Ma la burocrazia è un problema. Anche per viaggiare, studiare e fare corsi all'estero ho dovuto fare rinunce non avendo documenti".

Un percorso non breve: dodici anni.

"In realtà i rapporti con la mia famiglia sono cominciati anche prima, e l'adozione è stata solo un atto formale. I miei genitori erano andati in Marocco e, per caso, avevano trovato un volo per Dakar. Così avevano deciso trascorrerci due giorni".

In pratica lei oggi è italiano per una...coincidenza.

"Sì. Quel giorno si erano avvicinati loro, mia madre poi mi disse di essere rimasta colpita dal mio sguardo. Si festeggiava la vittoria in una sorta di competizione interna all'ateneo tra squadre di studenti ma io ero triste. Mio padre era morto da poco. Ero presente fisicamente ma non col pensiero. La mia futura mamma si era informata e aveva saputo che volevo smettere di studiare. Allora mi disse che voleva parlarmi. Lei e mio padre mi spiegarono: vogliamo aiutarti, anche se non vieni con noi in Italia, ma devi continuare a studiare. Io non volevo seguirli, in Senegal avevo la mia vita. Loro però continuarono a informarsi e a un certo punto si accorsero che il mio rendimento era in calo. Così decisero di portarmi in Italia".

A Cagliari.

"A Cagliari. Parlavo solo francese e inglese. Conoscevo italiani che vivevano in Senegal ma non ero stato da voi. Dell'Italia avevo studiato le montagne, da noi non ci sono. Della Sardegna mi ha parlato per la prima volta mio padre. Qui ho studiato alle scuole Manno e Alberti, poi ho deciso di iscrivermi in Giurisprudenza. Sono andato a Trento e mi sono laureato nel 2011 con una tesi sul nesso di causalità nelle colpe mediche. Quindi ho affinato la preparazione in diritto commerciale e contrattuale nello studio di Franzo Grande Stevens a Torino. E sono tornato".

E non è più andato via.

"No, a Cagliari mi trovo bene. Sono come un sardo nato e cresciuto qui. Vado nei pub, a cena, in giro. Come fossi qui da sempre".

Nel suo futuro cosa vede?

"È prematuro. Ma la Sardegna è casa mia. Lo dico a me stesso a voce alta. È un rapporto personale".

Andrea Manunza

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