Coltellate alla Marina, il questore: «Responsabili identificati, ma si lavori sul degrado del quartiere»
Dopo i due giovani algerini fermati, ce ne sono altri tre denunciati. Paolo Rossi saluta Cagliari («Avrà un posto privilegiato nel mio cuore»), al suo posto Rosanna Lavezzaro, prima donna a ricoprire l’incaricoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«Alla Marina sono stati tre giorni difficili, ma i responsabili tra arresti e denunce sono stati identificati. La questione sarà trattata nuovamente in un comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica in Prefettura». Paolo Rossi, questore di Cagliari, sta per andare in pensione e a due giorni dalla fine della sua carriera in Polizia oltre a salutare la città («Avrà un posto speciale nel mio cuore») e ringraziare tutti quelli con cui ha lavorato, dal personale della questura cagliaritana alle altre forze dell'ordine, per arrivare a tutte le istituzioni e all'autorità giudiziaria, ritorna sui recenti fatti di cronaca avvenuti alla Marina.
Tre accoltellamenti, altrettanti feriti ma anche fermi e denunce: «Si tratta di stranieri ma tutti regolari», aggiunge. «Noi abbiamo fermato due giovani algerini e ne abbiamo denunciato un altro, mentre i carabinieri ne hanno segnalati due per i fatti accaduti tra la Marina e piazza Matteotti. Sono contrario alla militarizzazione: ma i controlli e i servizi verranno potenziati. Per il resto serve anche un lavoro sul degrado e sulla vivibilità del quartiere. E non è compito delle forze dell'ordine».
Rossi dopo tre anni e tre mesi lascia la questura di Cagliari: al suo posto arriverà Rosanna Lavezzaro (che è stata questore a Vercelli, Novara e Rimini), prima donna a ricoprire questo incarico in via Amat. «Cagliari sarà sempre nel mio cuore», dice Rossi. «Mi sono trovato benissimo e ho avuto l'onore di lavorare con persone fantastiche e preparate». Sul fronte del lavoro svolto è soddisfatto: «A livello preventivo in appena un anno abbiamo effettuato più di 2.800 servizi su tutto il territorio. Sono aumentate le indentificazioni, le denunce e gli arresti. Segno che la repressione funziona. Anche se la priorità resta sempre la prevenzione: dobbiamo lavorare in silenzio per evitare che i fatti accadano».