"Io c'ero. Sono molto anziano e come tale ho il ruolo di memoria storica. Dopo di me diventerà storia». Quando il parlamento approvò la legge Merlin il futuro rettore Pasquale Mistretta aveva 25 anni e - come la stragrande maggioranza degli uomini - una conoscenza diretta del ramo: «Faccio parte di una generazione che purtroppo contribuisce all'invecchiamento della Sardegna. Non è colpa mia, ma sono lieto di dare la mia testimonianza se può servire a far capire che il vissuto più o meno accettabile fa parte di un lungo processo di costruzione della società cagliaritana. Senza questa doverosa premessa parlare di cose che sono avvenute oltre sessant'anni fa potrebbe sembrare stonato, datato, perfino fuori luogo".

"Siccome ho vissuto una lunga esperienza di uomo pubblico, accetto di buon grado questa conversazione senza nascondermi dietro a un eventuale rischio di critiche delle persone che mi conoscono bene. Il mondo era diverso, incomprensibile se lo si guarda con le lenti di oggi. Al liceo Dettori i maschi accedevano da piazza Dettori, le donne - col camice nero - da via del Collegio. Non c'era neppure il contatto all'uscita. Su fastiggiu cagliaritano, cioè l'amoreggiare con la ragazza, avveniva con la parte bassa della porta finestra chiusa e quella alta aperta per potersi accarezzare almeno le mani. Qui, in piazza Deffenu, dove abito da decenni, non c'era nulla, solo una bettola con i soffitti bassi. Era appena iniziata l'avventura della televisione, pochissimi avevamo il televisore in casa. C'erano pochi tram: quello bianco con i ballatoi per il Poetto, uno per Castello, un terzo per San Benedetto. Avevo una Vespa bianca comprata con i regali ricevuti per la laurea.

La città finiva in via Bacaredda, Genneruxi - di cui più tardi avrei firmato la lottizzazione delle proprietà Devoto e D'Aquila e il progetto della villetta con i mattoni a vista di via Costantinopoli del fotografo dell'Unione Sarda Aldo Pizzi - non era neppure nei progetti. La censura si accaniva sui film, a me più modestamente all'uscita dal traforo del Monte Bianco sequestrarono una rivista neppure troppo spinta trovata tra i bagagli: c'era una parvenza di velo e tanto bastò. "L'amante di Lady Chatterley" era un romanzo proibito. L'importante allora era quello che si dice , tutto doveva essere segreto. Questa mia confessione è l'esatto contrario. Oggi è tutto diverso, "Ultimo tango a Parigi" è un film che si può mostrare a ragazzini di 12 anni. Ai giovani che leggeranno questo articolo devo dire che le riviste patinate dell'epoca venivano censurate se mostravano una scollatura alta".

"Era un po' come un ambulatorio, non sapevi chi avevi di fianco: raramente qualcuno di conosciuto. Ricordo due case di tolleranza. A una si accedeva dal parcheggio attuale del Cammino nuovo, l'altra era all'uscita di Cagliari, all'altezza della rotonda davanti al cimitero. Quella urbana era più accessibile, anche per chi non aveva mezzi di trasporto, l'altra anonima, adatta a chi veniva da fuori. I clienti erano studenti universitari e giovani laureati, nella seconda fascia i militari della Brigata Sassari in libera uscita, poi i viaggiatori di commercio e altre categorie varie. Quando anni dopo ebbi modo di vedere i film di Fellini e Lina Wertmüller, ma anche Salon Kitty di Tinto Brass, capii che le rappresentazioni cinematografiche contenevano un certa dose di esagerazione. A Cagliari le ragazze erano al novantanove per cento italiane, la maggior parte sotto i trentacinque anni. Per noi all'epoca giovanissimi la valutazione dell'età era secondaria, importante era l'approccio, che non doveva essere sguaiato. E poi tra virgolette il pudore, che dai film non traspare. Questi luoghi risalgono all'antica Grecia, i romani hanno vissuto l'evasione in modo costante. L'incontro nelle case di tolleranza faceva parte della vita sociale. Oggi l'aspetto meno comprensibile è che gli uomini erano i clienti e le donne solo oggetti. Lo Stato lucrava, come adesso con le sigarette e i videopoker. Il solito equivoco, chiamiamolo così. Esisteva un certo equilibrio tra la società e questo tipo di attività".

"Restavano aperte dalle 10 a sera inoltrata. I costi erano modesti, pagavi per dieci minuti, magari un quarto d'ora, a tempo illimitato rimaneva solo qualche fanatico. Brutte no, alcune donne erano un po' consumate. C'era un ricambio ogni due-tre settimane. L'usuale non crea fantasia, la novità sì. In quegli ambienti era importante come lavorava il cervello, prima e durante: se andava oltre ottenevi un certo risultato, altrimenti andavi sotto. L'esotico era una ragazza con la carnagione olivastra. Nessuno può far finta di non esserci andato. Le combriccole invitavano il più giovane a far parte della compagnia. Oggi per le strade c'è solo preoccupazione e squallore. La prostituzione non si può bloccare come istituto mondiale, le forme di regolamentazione non sarebbero sufficienti. Per molte ragazze è il modo per sostenersi. Riaprire le case significherebbe creare oasi controllate e controllabili lasciando il resto fuori. Un'ipocrisia propria di un Paese di ipocriti".

Paolo Paolini

© Riproduzione riservata