Caro Francesco, caro Paolo.

I protagonisti del più grave terremoto della legislatura regionale, dopo tre anni di telefonate quotidiane, colloqui e messaggi a raffica, sentono il bisogno di dirsi addio con le care, vecchie lettere.

Lunedì quella in cui Paolo Maninchedda annunciava le sue dimissioni dall'assessorato ai Lavori pubblici; ieri un'altra a firma Pigliaru, con cui il governatore tenta di non perdere uno dei suoi collaboratori più stretti.

"Ritengo che sussistano le condizioni politiche per non accettare le tue dimissioni - scrive a Maninchedda - e per ragionare insieme sui modi con cui proseguire questo importante lavoro".

Ma chi ha in tasca dieci euro, non li punti sul ripensamento: sarà molto difficile rivedere l'assessore al suo posto.

Chi ci ha parlato lo descrive psicologicamente già lontano. Per dire: pare che abbia fatto subito disattivare la sua casella mail della Giunta.

SILENZIO - Non che ci siano finora parole ufficiali (né ufficiose) di Maninchedda per commentare l'appello di Pigliaru.

A rendere improbabile la retromarcia sono i concetti già consegnati agli atti dall'assessore dimissionario: nella comunicazione di due giorni fa non si è limitato a confidare la propria stanchezza personale per le battaglie con mulini a vento come l'Anas, l'Enel, i debiti di Abbanoa.

Ha raccontato anche un isolamento politico, in maggioranza e in Giunta, sul tema a lui più caro: la necessità di uno scontro aperto con lo Stato.

Lui a dire il vero lo chiama indipendenza, ma da Pigliaru non avrebbe preteso tanto.

Però nella lettera di ieri, sia pure in maniera più sintetica della precedente (meno di 1.500 battute contro oltre 7.900), il governatore raccoglie alcuni degli spunti di Maninchedda. In prima battuta gli esprime comprensione sia per la fatica personale, sia per la condizione di solitudine, "che in varia misura ha riguardato ciascuno di noi".

Poi gli riserva elogi non di circostanza: "Penso che il grande lavoro fatto assieme, la qualità istituzionale che abbiamo seminato pur talvolta con approcci diversi, il mio riconoscente, forte apprezzamento per la tua attività, siano l'argomento migliore per auspicare un impegno ancora comune". E per "non accettare" le dimissioni.

COL GOVERNO - Ma Pigliaru non si ferma qui.

Aggiunge la volontà di "ragionare nelle prossime ore, assieme a te, al Partito dei Sardi e alla coalizione sui modi con cui proseguire questo importante lavoro".

E proseguirlo - ecco il passaggio più rilevante - "a partire da una serena valutazione sui dossier aperti e sul rapporto con lo Stato e i governi nazionali".

Del resto, pur senza condividere l'orizzonte indipendentista, lo stesso governatore ha accentuato di recente il tono polemico con Roma.

Come quando, meno di due mesi fa, ha definito "inaccettabili" i tagli imposti per risanare il debito pubblico italiano.

Pigliaru sa meglio di chiunque altro che un ripensamento di Maninchedda è assai improbabile.

E non sembra neppure preoccupato per le voci di una fine anticipata della legislatura. Ma sa che per scongiurare i rischi bisogna rinsaldare la missione della maggioranza. E non intende ignorare le istanze del Partito dei sardi, che per altro conta cinque consiglieri regionali.

Non sembra che il gruppo intenda passare all'opposizione: la stessa lettera di Maninchedda ipotizza una staffetta all'assessorato, con un nome di quell'area.

Eppure non è detto che il Pds intenda indicare il nuovo assessore. Sarebbe come far finta di niente sulle critiche del loro leader allo scarso profilo anti-Stato della Giunta. Al tempo stesso, se quel posto venisse ceduto ad altri alleati sarebbe un affronto per il partito.

SCENARI - Una soluzione potrebbe essere un interim assunto dallo stesso presidente. O al limite dal vice Raffaele Paci, che occupandosi di entrate e vertenze simili ha sperimentato più di altri com'è arduo trattare col governo.

A meno che non si trovi un nome valido sotto il profilo delle competenze ed esterno al Partito dei sardi, ma non sgradito (Gian Valerio Sanna?).

Una cosa sembra certa: Pigliaru - che dovrà a breve risolvere il problema della sostituzione di Massimo Deiana ai Trasporti, e pare che voglia farlo in fretta - non intende impelagarsi in un altro rimpasto infinito.

Quindi è da escludere che si riapra un grande valzer degli assessorati.

Giuseppe Meloni

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