Giovanni Paolo Chiama, ai domiciliari da venerdì scorso con l’accusa di terrorismo suprematista neonazista, si è avvalso della facoltà di non rispondere: nell’interrogatorio di garanzia di ieri mattina, tutelato dall’avvocato Diego Mastromarino, il diciottenne ha scelto la via del silenzio. «Abbiamo bisogno di tempo», spiega il legale, «per analizzare gli atti e svolgere gli approfondimenti necessari su ogni singolo capo d’accusa». Il ragazzo resta così ai domiciliari.

Chiama è finito al centro dell’indagine della Digos, dopo gli episodi che lo hanno visto protagonista da minorenne nel liceo cagliaritano che frequentava: scritte antisemita e razziste e le minacce («Ti sgozzo») con un coltello a un compagno che aveva fatto dei commenti negativi sull’ideologia nazista e su Hitler.

La perquisizione aveva permesso di scoprire che il ragazzo si era – secondo le accuse – arruolato nelle associazioni The Base e AAST con finalità di eversione e terrorismo per motivi di odio razziale. Agiva nei vari canali di Telegram sotto lo pseudonimo di “Comandante Buren” e cercava nuovi componenti. Aveva progettato un atto dimostrativo alla Caritas, la notte del 31 dicembre 2023, sventato dai poliziotti e ripeteva che entro l’anno si sarebbe attivato «per preparare la bomba termobarica».

(m. v.)

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