Assunto dall'Ats a 73 anni: "Voglio lottare contro il virus"
Parla il più anziano dei nuovi medici sardi reclutati per l'emergenza CovidPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ha risposto alla chiamata della Regione e non vede l'ora di prendere servizio, Giovanni Bentivegna, 73 anni, il più anziano dei nuovi cinquecento medici sardi che scenderanno in campo per l'emergenza Covid.
Dottore, da quanto è in pensione?
«In realtà non sono proprio in pensione. Compio 74 anni a gennaio, mi sono laureato nel 1972, quand'ero giovane ero medico condotto a San Pantaleo, poi dopo sedici anni mi sono dimesso e sì, prendo una piccola pensione, ma esercito ancora».
Perché si è dimesso?
«Il mio sogno era quello di andare in giro per il mondo, in missione dove c'era più bisogno».
L'ha realizzato?
«Sì, gli ultimi trentacinque anni della mia vita li ho trascorsi in Africa, in Tibet, in Vietnam, in Cambogia, in Pakistan, nelle Filippine, con Medici senza frontiere, Emergency e altre Ong».
E cosa faceva?
«All'inizio il medico clinico, un po' allo sbaraglio, il "dottore dove non ci sono dottori". Poi pian piano, acquisendo esperienza, mi hanno messo a organizzare i servizi sanitari sul territorio, mi mandavano a costruire centri rurali, e reclutare infermieri, educare gli operatori, portare medicine».
Qual è la sua specializzazione?
«Ho fatto Cardiologia, all'Università di Sassari, mi ero pure comprato un ambulatorio a Olbia dove fare il cardiologo, ma poi l'ho venduto, ho buttato specializzazione e stetoscopio e sono partito. Ho preso anche un master in Inghilterra in Medicina tropicale e un altro in Public Health».
Quando è rientrato?
«Fino al 2016 andavo avanti e indietro, da allora ho lasciato le Ong e vado ogni anno in Tanzania in un ospedale missionario. Poi a Portisco ho uno studio come libero professionista. Praticamente faccio il medico dei poveri in inverno e il medico dei ricchi in estate».
Non ha un accento sardo.
«Sono nato in Sicilia e cresciuto a Roma, sono sbarcato in Sardegna per fare il militare, ad Alghero, e a Olbia da sempre c'è la mia casa».
Non teme il coronavirus?
«Alla mia età dovrei essere pieno di paura e stare barricato in casa, ma sono abituato a stare in mezzo ai virus e alle malattie, ho conosciuto l'Ebola, l'Hiv, ho avuto la dengue, la malaria cerebrale, sono rimasto tre giorni in coma, ho visto la morte da vicino. Insomma, sono corazzato».
La sua famiglia?
«Ho divorziato molto tempo fa e i miei figli stanno a Roma. Mi posso permettere di andare in un ambiente "sporco", e quando finisco il lavoro non rischio di contaminare nessuno».
Così ha risposto all'avviso dell'Ats che cercava medici da assumere subito.
«Ero pronto a ripartire per la Tanzania, poi ho visto questa chiamata in Sardegna e ho deciso di restare qui. Potevo andare con Gino Strada in Calabria, o anche in altre regioni, in questo momento c'è bisogno di medici in tutta Italia. Adesso penso di servire più qui, nel mio Paese, che nel terzo mondo».
Ha già fatto visite e test?
«Ho fatto il tampone lunedì, oggi (ieri, ndr) sono andato a fare le analisi di laboratorio, e chiedendo informazioni ho scoperto di essere il più vecchio di tutta la squadra. Sono contento, spero di poter essere d'aiuto anche ai colleghi più giovani. Lunedì prossimo mi faranno la visita medica e poi finalmente potrò cominciare».
Sa già dove la manderanno e cosa le faranno fare?
«No. Mi ha chiamato un dirigente dell'Azienda che mi ha chiesto se avevo preferenze, ho risposto che per me va bene tutto, certo, ho molta più esperienza di territorio che in corsia».
Complimenti per il suo entusiasmo.
«Amo il mio lavoro, e non vedo l'ora di iniziare questo nuovo incarico. Io a girarmi i pollici non ci so stare, o partivo per l'Africa o combattevo qui la guerra contro il Covid».
Cr. Co.