Cagliari diventerà un centro importante per i maxi yacht. Lo sostiene Matteo Molinas, vicepresidente della Rete dei porti sardi, giovane esponente del gruppo omonimo che gestisce i porti turistici di Porto Rotondo, Marana, Cala Bitta e Portus Karalis. I riflettori sulla nautica sono stati accesi di recente dalla giunta regionale che ha lanciato la proposta di un polo mediterraneo del superlusso che vada oltre l’ormeggio integrando la cantieristica, i porti, gli aeroporti. «Per i porti turistici serve un new deal», afferma Molinas, «le concessioni sono state assimilate a quelle dei balneari ma sono categorie diverse. I concessionari, dovendo investire, non possono convivere con l’incertezza».

Il suo gruppo vuole realizzare a Cagliari una base per mega yacht con un investimento di 34 milioni di euro. Quando inizieranno i lavori nel porto di via Roma?

«Cagliari è la città più attraente per quel tipo di turismo perché dispone di tutti i servizi e ha un aeroporto che funziona. Senza contare l’effetto di Luna Rossa la cui base è il volano per tutta la città. Per questo puntiamo sui maxi yacht: i lavori inizieranno presto. Il tempo di disporre di tutta la documentazione in regola e poi si procederà».

Quanto tempo ci vorrà per realizzare i lavori?

«Dai ventiquattro ai trenta mesi. Avevamo previsto di aprire il cantiere dopo la tappa dell’America’s Cup ma ora che la gara è saltata siamo intenzionati a iniziare subito».

Nel progetto rientra anche un hotel dove oggi c’è la stazione marittima?

«Il problema è sempre la burocrazia così da tempo ci siamo orientati a riconvertire le strutture esistenti. È accaduto anche con un vecchio capannone di rimessaggio per le piccole imbarcazioni che avevamo a Porto Rotondo: lo abbiamo spostato su Olbia e lo stiamo riconvertendo in una struttura ricettiva a quattro stelle. Faremo così anche nella parte del molo commerciale di Cagliari».

Ma per fare di Cagliari un hub primario per i super yacht bisogna puntare sulla cantieristica.

«Infatti l’Autorità portuale è intervenuta su Giorgino dove sta nascendo un polo della nautica con una ventina di lotti, da 2.500 metri quadri sino a cinquantamila metri quadri, da destinare alla cantieristica. Le consegne sono imminenti».

Un altro grande progetto della nautica sarda riguarda l’area di Olbia da parte del gruppo Sno. Un investimento di oltre cento milioni di euro per un centro di manutenzione delle imbarcazioni di lusso.

«È il cantiere di riferimento su Olbia dove il gruppo ha rilevato lo stabile della Palmera per effettuare rimessaggi e produzione col brand di Novamarine».

Olbia è già un distretto della nautica, non ha problemi?

«No, c’è un grande problema: la cronica carenza di manovalanza e di personale qualificato. Stiamo cercando di formare i giovani ma non nascondo che non è facile. Poi, certo, tutto quello che si sviluppa a Olbia è importante e ci sono tanti cantieri di rimessaggio che funzionano bene ma non sono attraenti per le imbarcazioni di grande stazza».

La Croazia è entrata nell’euro e la sua concorrenza fa meno paura. Restano, invece, molto competitive le Baleari. Che cosa possiamo apprendere da loro?

«Il modello Baleari è da studiare sotto tutti i punti di vista; solo Palma di Maiorca conta su ventimila ormeggi, quanto tutta la Sardegna. La rotta classica delle barche è questa: Baleari-Costa Azzurra-Liguria-Toscana-Corsica-Sardegna. Un comandante di navi viene accolto dalla comunità e alla moglie viene offerto un lavoro; i figli hanno diritto di frequentare una scuola internazionale. Insomma c’è grande attenzione alle persone che fanno turismo. Questa è la lezione da imparare».

E poi i trasporti: per fare turismo occorrono tanti voli e a prezzi non da usura.

«Rispondo con un esempio: io feci l’Erasmus alle Canarie e lì c’è la stessa attenzione che si ha alle Baleari. Le chiamano “regioni lontane” ma io viaggiavo su tutte le compagnie aeree, a mia scelta, con lo sconto del settantacinque per cento. Quella è continuità territoriale».

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