Non saremo allo stremo come le Canarie, dove gli abitanti – decine di migliaia – sono scesi in piazza per dire basta all'assalto selvaggio dei visitatori, ma anche in Sardegna i segnali dell'overtourism ci sono, e preoccupano.

Quando nell'arco di un paio di mesi, con un boom da metà luglio a pochi giorni dopo Ferragosto, in diverse località è complicato andare al mare perché non si trova un parcheggio o uno spazietto per sistemare ombrellone e asciugamano; locali e ristoranti sono perennemente sold out ed è impossibile prendere un aperitivo o cenare; per visitare un monumento ci sono file chilometriche; i Comuni non riescono a far fronte all'incremento abnorme dei rifiuti; insomma, quando l'estate si trasforma in un incubo per residenti, visitatori e amministratori, allora c'è qualcosa che non va.

«Il problema c'è, e va gestito», sottolinea l'assessore al Turismo Franco Cuccureddu, «probabilmente non siamo ancora arrivati al limite di saturazione, ma ci siamo vicini. Le spie sono le tante ordinanze dei sindaci – che certo non vengono fatte a cuor leggero – sulle spiagge a numero chiuso e i parcheggi contingentati, oltre alle infrastrutture (come sistemi fognari e depuratori) che vanno in tilt. Noi dobbiamo preservare i nostri beni naturali e culturali, e non bearci troppo se abbiamo un incremento di presenze e arrivi ma contestualmente la redditività del comparto cala».

Cristina Cossu

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